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67

Richard Strauss
Iván Fischer
Budapest Festival Orchestra

Le bourgeois gentilhomme / Ariadne auf Naxos

Biglietti: première da 25 € a 100 € e replica da 20 € a 80 €
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Durata 2h 30' con intervallo
Opera

Sinossi

«Eccelsa principessa, e chi non capirebbe

che il dolore di personaggi tanto rari e illustri

con altro metro misurar si debba

di quello dei comuni mortali. Però

non siamo qui donne tra noi, non batte

in ogni petto un misterioso, misterioso cuore?»

Ariadne è la principessa di Creta, sedotta e abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso. Zerbinetta è un’allegra “comune mortale”, intenta al gioco degli amori che la circonda. L’una chiusa nel dolore, l’altra radiosa nella gioia. L’una emblema della fedeltà, l’altra della leggerezza.

Sono le eroine di due intere tradizioni, due anime del teatro: una nata per sorprendere e divertire, l’altra per sondare le profondità dell’uomo.

La distanza che le separa non basta a frenare il capriccio dell’aristocratico padrone di casa viennese che, nel prologo dell’opera di Strauss, decide che i due spettacoli in programma andranno in scena contemporaneamente, pena perdersi gli immancabili fuochi d’artificio a mezzanotte. Ed è qui che si scopre – Richard Strauss e il suo librettista Hugo von Hofmannsthal per primi, e noi a seguire – che i confini tra dramma e commedia sono molto meno rigidi di quanto ci aspettavamo. Il mito greco è percorso dall’energia esilarante della commedia dell’arte. Sull’isola di Nasso approdano Arlecchino, Brighella e tutto il loro arsenale di scherzi, lasciando le ninfe stupefatte della loro presenza così rinfrescante.

Iván Fischer aggiunge uno specchio al gioco inventato da Strauss e von Hofmannsthal. Affiancato nella regia dall’esperta di commedia dell’arte Chiara D’Anna, Fischer crea una nuova messinscena che comincia come un concerto: la Budapest Festival Orchestra suona la Suite da Le bourgeois gentilhomme, che Strauss considerava la sua musica preferita, nonostante sia stato costretto a escluderla dalla prima versione di Ariadne auf Naxos. Presto gli attori comici entrano in scena. Il palcoscenico non è più il pavimento sul quale i professori d’orchestra poggiano i piedi, è il luogo magico che attende lo svolgersi di una storia. È allora che i cantanti possono entrare.

Musica, tragedia e commedia trascolorano l’una nell’altra, non siamo più sicuri di riuscire a scorgerne i contorni.

Un’esposizione di costumi storici dell’opera Ariadne auf Naxos andata in scena al Festival nel 1984 sarà ospitata presso il foyer del Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti per l’intero periodo del Festival. L’esposizione è a cura della Fondazione Festival dei Due Mondi.

Crediti

Programma

direzione e regia Iván Fischer

musicisti della Budapest Festival Orchestra

PERSONAGGI E INTERPRETI

Bacco Andrew Staples

Zerbinetta Anna-Lena Elbert

Ariadne Emily Magee

Arlecchino Gurgen Baveyan

Scaramuccio Stuart Patterson

Truffaldino Daniel Noyola

Brighella Juan de Dios Mateos

La Naiade Samantha Gaul

La Driade Olivia Vermeulen

Eco Mirella Hagen

Attori Utka Gavuzzo, Camilo Daouk

co-regia e coreografia Chiara D'Anna

scene Andrea Tocchio

costumi Anna Biagiotti

luci Tamás Bányai

motion grafics Flaviano Pizzardi

produzione Spoleto Festival Dei Due Mondi, Budapest Festival Orchestra

in collaborazione con Iván Fischer Opera Company, Müpa Budapest, Vicenza Opera Festival

direttore tecnico Róbert Zentai

direttore di scena Udo Metzner

assistente al direttore d'orchestra Giuseppe Mentuccia

Staff tecnico del Festival dei Due Mondi

__

Richard Strauss

Le bourgeois gentilhomme

Suite dalle musiche di scena, op. 60

Ouverture all’atto I

Jourdain – molto allegro

Minuetto – moderato assai

Il maestro di scherma – animato assai

Entrata a danza dei sarti – vivace

Il minuetto di Lully – molto moderato

Courante – vivace assai

Entrata di Cleonte (da Lully) – in tempo moderato

Preludio all’atto II

Intermezzo – andante galante e grazioso

Le dîner (Tafelmusik e danza dei garzoni di cucina) – moderato alla marcia, allegro molto, allegretto, andante, moderato, presto

Ariadne auf Naxos op. 60/II

Opera in un atto

libretto di Hugo von Hofmannsthal

prima rappresentazione Vienna, Hofoper, 4 ottobre 1916

nuovo allestimento
PRESENTING SPONSOR
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INFORMAZIONI

Spettacolo in lingua tedesca con sopratitoli in italiano a cura di Prescott Studio, Firenze

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Si avvisa che le date e gli orari potranno subire variazioni.

Per aggiornamenti consultare il sito www.festivaldispoleto.com

Programma di Sala

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Ariadne nella spirale del tempo

testo di Giovanni Gavazzeni


Il terzo frutto della straordinaria collaborazione artistica fra Hugo von Hofmannsthal e Richard Strauss nacque come conseguenza della precedente commedia per musica, il celebre Der Rosenkavalier (Cavaliere della rosa). Il poeta-drammaturgo austriaco propose al musicista bavarese un’idea che gli frullava in mente da tempo: scrivere un piccolo pezzo “à la Molière”. L’occasione era propiziata dal fatto che sarebbe stato il modo ideale per ringraziare Max Reinhardt, il dominatore della scena teatrale del tempo, che aveva salvato la prima del Cavaliere della rosa a Dresda, prodigandosi senza voler figurare in locandina, dove fu accreditato il regista stabile dell’Hoftheater, Georg Toller («Non si può credere quanto ci aiuti, instancabile, tutto il giorno, dalle 10 della mattina alle 11 di sera, prima in scena, poi nei camerini, cauto, silenzioso, quasi invisibile, eppure efficace come un mago»).

Non va dimenticato che Reinhardt era il regista che aveva portato in Germania il gusto tutto austriaco per allestimenti frutto di un gioco raffinato di “pasticci” temporali fiabeschi e fantasiosi, ed aveva già allestito i testi che diedero origine ai libretti dei primi due capolavori operistici di Strauss, Salomé di Oscar Wilde ed Elektra dello stesso Hofmannsthal.

Nella lettera del 20 marzo 1911, Hofmannsthal propose a Strauss di scrivere un lavoro in cui si intrecciassero «figure eroico-mitologiche in abbigliamento del Settecento, con crinoline e pennacchi di struzzo, e figure della Commedia dell’Arte, Arlecchini e Scaramucci, che introducono una componente buffonesca sempre intrecciata con la componente eroica. Credo che possa diventare qualcosa di molto grazioso, un nuovo genere che si riallaccia apparentemente a uno del passato, perché ogni sviluppo si svolge a spirale» (corsivo nostro).

L’idea originale era un intermezzo con numeri musicali da inserire in una pièce di Molière – il Bourgeois gentilhomme in versione tedesca Der Bürger als Edelmann. Hofmannsthal lo avrebbe adattato per la compagnia di Reinhardt, quella del Deutsches Theater di Berlino, in una mistione ardita di generi (prosa, musica e balletto), seguendo la prassi di quanto si faceva al tempo di Molière, che terminava il Bourgeois con il grande Balletto delle Nazioni musicato da Lully.

Il progetto dell’omaggio a Reinhardt, come ha sottolineato il non dimenticato germanista e grande straussiano Franco Serpa, «si era ingrandito e felicemente complicato, e ulteriormente si complicò, quando Hofmannsthal, drasticamente accorciando il testo, con l’eliminazione di azioni secondarie, della cerimonia turca e del finale con danze, escogitò la conclusione melodrammatica, l’Ariadne appunto. E già nel primo abbozzo inviato a Strauss tutto (salvo il nome di qualcheduna delle maschere) è concepito come ci è noto: i soliloqui di Arianna abbandonata, gli scherzi dei comici italiani, il dialogo-contrasto tra Arianna e Zerbinetta, l’arrivo di Bacco e l’apoteosi».

Le risposte dubbiose del compositore fecero toccare quasi un punto di rottura fra i due artisti: Strauss trovava affascinante la prima parte – Molière – ma magra l’idea dell’opera. Opponeva l’obiezione pratica dell’impossibilità che cantanti di primo piano potessero recitare come attori di prosa. Nutriva forti dubbi su come si potesse passare dal Bürger ad Ariadne, nonostante Hofmannsthal lo rassicurasse che ci sarebbe stata una transizione parlata fra il Maestro di ballo e il Compositore mentre si allestiva a vista la scena dell’opera eseguita dopo la cena in presenza di Monsieur Jourdain.
Nel Bürger als Edelmann, ridotto da Hofmannsthal in due atti e sveltito, il borghese signor Jourdain ha pensato di concludere il suo gran ricevimento con uno spettacolo d’opera seria seguito da una farsa, ma poi, allarmato dalla lunghezza di tutto l’insieme, ci ripensa e ordina, ignorante e bizzarro com’è, di mescolare come che sia melodramma e azione buffa. Per la felicissima idea, che manca in Molière, Hofmannsthal stese una graziosa scena di raccordo tra il Bürger e Ariadne, tra la commedia e l’opera, tutta di sua invenzione.
Le nubi fra i due creatori si dissolsero, dopo che il poeta-drammaturgo scrisse una meravigliosa Lettera-lezione, il 19 luglio 1912, al compositore, chiarificatrice del nodo fondamentale dell’opera, il tema della metamorfosi, della trasformazione, illuminando il rapporto fra il mondo di Arianna e Bacco e quello di Zerbinetta e delle maschere della Commedia dell’Arte: «La metamorfosi è la vita della Vita, è come parlare del mistero della Natura colto nel suo atto creatore; tutto quello che persiste in sé stesso s’intorpidisce e muore. Chi vuole vivere deve passare al-di-là di sé-stesso e si deve metamorfizzare: deve dimenticare. Pertanto: tutta la dignità umana è legata alla perseveranza dell’identico, al rifiuto dell’oblio, alla fedeltà. (...) Anche Arianna nutre la speranza e la follia di darsi la morte; allora la sua barca naufraga e s’inoltra verso altri mari. Ecco la metamorfosi, prodigio fra i prodigi, mistero autentico dell’Amore. (...) Arianna era morta, ed eccola restituita alla vita; la sua anima in verità si è metamorfizzata – è la verità ad un grado d’esperienza iniziatica molto alto: come potrebbe coincidere con la verità di Zerbinetta e dei suoi? Queste maschere comuni della vita non vedono negli avvenimenti vissuti da Arianna che quello che sono capaci di comprendere: l’alternanza degli amanti, il nuovo che caccia il vecchio. Così nel finale i due mondi ai quali appartengono queste anime sono uniti in maniera ironica, l’unico modo possibile di essere uniti è nell’incomprensione».

Una ragione della sempreverde originalità di Ariadne risiede nella sovrapposizione di quei mondi, cioè delle prospettive teatrali in un affascinante gioco di specchi e di teatro al quadrato.

«(...) Sulla doppia immagine di teatro, sull’incastro tra prima e seconda finzione, si regge simbolicamente uno dei valori ideali della poesia e quindi della musica, quello del rapporto tra verità della vita e finzione dell’arte, tra dramma e commedia, sì che una “scena” si specchia e si muta nell’altra e la verità di una diventa l’illusione nell’altra. Borghesi e attori, Zerbinetta e Arianna, il sentimento dell’oggi e l’attesa del futuro, il tradimento e l’amore eterno... esce da una scena ed entra nell’altra, e per essere sé stesso, fedele al proprio carattere o al proprio destino, accetta, con allegria o con dolore, la trasformazione, il dio inatteso che obbliga a varcare una soglia, accetta l’infedeltà al suo sentimento di ieri in nome di una fedeltà superiore alla vita».

Un’altra delle invenzioni più cariche di novità della partitura di Strauss è la riduzione dell’organico dei musicisti a quello di un’orchestra da camera. Oltre a rispettare gli equilibri di una “piccola opera nel gusto antico”, potrebbe non essere stato estraneo alla scelta di ridurre l’organico, il fastidio di Hofmannsthal per il predominio della musica sulla parola sperimentato nelle precedenti collaborazioni, Elektra e Cavaliere della Rosa.

Strauss per Ariadne prevede un organico sui generis, che potremmo definire barocco-moderno: un’orchestra da camera con sciccosi anacronismi come l’impiego del pianoforte alla maniera di un moderno clavicembalo. L’effetto ottenuto è una magia: l’ascoltatore non avverte riduzioni; anzi, sente suonare “l’orchestra del futuro”, quella che secondo le parole del musicista non soffoca le voci e rispetta la massima chiarezza del testo.

Anche così asciugata numericamente, fu subito chiaro che il Deutsches Theater di Berlino non poteva contenere tutti i musicisti richiesti. Allo stesso tempo i grandi teatri di Monaco di Baviera, Dresda e Berlino che avrebbero dovuto dare la “prima” straussiana respinsero l’idea che i loro cantanti potessero condividere la ribalta con gli attori della compagnia di Reinhardt.

Così Strauss optò per battezzare l’opera alla Kleines Haus della Königliches Hoftheater di Stuttgart (25 ottobre 1912), chiedendo fossero scritturati artisti di gran cartello, Emmy Destinn, Frida Hempel, Karl Erb. Strauss diresse le prime due recite, cedendo il podio alla terza a Max von Schillings; ottenne che la messa in scena fosse affidata a Reinhardt e al suo storico collaboratore, lo scenografo rumeno-tedesco Ernst Stern, realizzatore di scene e costumi in linea con il clima di preziosità poetica caro a tutti i collaboratori del progetto. Alla fine furono scritturati per i ruoli principali la giovane futura stella Mizzi “Maria” Jeritza (Ariadne), presa dalla compagnia di Vienna, Margarethe Siems (Zerbinetta), da Dresda e il tenore Hermann Jadlowker (Bacco) da Berlino. Nell’intervallo fra il Bürger e Ariadne, il padrone di casa, il re “borghese” del Württemberg Guglielmo II, diede un banchetto in onore degli artisti che durò quasi un’ora, con il risultato di stancare molto il pubblico; il quale, come disse Strauss, se era venuto per la prosa di Molière/ Hofmannsthal non era interessato ad ascoltare l’opera di Hofmannsthal/ Strauss e viceversa.

A Stoccarda l’ardito progetto (Bürger/Ariadne) fu un insuccesso sempre rimpianto dai suoi autori; le riprese ebbero alterni esiti a Zurigo, Praga, Berlino, Monaco (direttore Bruno Walter, con Maude Fay quale Ariadne ed Hermine Bosetti, Zerbinetta; esecuzione definita “spaventosa” da Strauss), Amsterdam, Dresda, Londra (nella traduzione inglese di Somerset Maugham, direttore Thomas Beecham con Eva von der Osten e la Bosetti), Berlino (“messa in scena meravigliosa” per Strauss, direttore Leo Blech con Louise Halgren-Waag, la Bosetti e Jadlowker). Per rimediare al matrimonio respinto fra prosa e opera, gli Autori approntarono una nuova versione divenuta quella oggi corrente (Vienna, 4 ottobre 1916, direttore Franz Schalk, con la Jeritza, Ariadne e nientemeno che Lotte Lehman nella nuova parte del Compositore e l’usignolo della coloratura Selma Kurz, Zerbinetta), nella quale spariva il Bürger e compariva un Prologo nuovo. Ambientato nella casa di un ricco e anonimo mecenate, l’azione opponeva una compagnia di fatui cantanti d’opera ad un gruppo di brillanti commedianti italiani, costretti dal padrone ad allestire uno spettacolo paradossale, la tragica storia di Arianna abbandonata a Nasso assieme al burlesco intermezzo l’Infedele Zerbinetta. La disperazione del bistrattato Compositore che si sfoga con il Maggiordomo, viene progressivamente mitigata dall’esperienza del Maestro di musica e del Maestro di danza, e, alla fine, stimolata a nuova creatività dalla vitale Zerbinetta.

La versione che presenta il Festival di Spoleto immagina, al posto del Prologo 1916, il Borghese gentiluomo danzato, impiegando come materiale musicale la Suite op. 60 che Strauss ricavò nel 1920 dalle splendide musiche di scena del Bürger. Si tratta di nove numeri musicali in cui il compositore tedesco innesta con prodigiosa freschezza l’orchestra cameristica settecentesca nel linguaggio moderno, giocando con alcuni temi di Lully e introducendo autocitazioni ironiche fra le portate della Cena di Mons. Jordain, elementi che rendono alla perfezione quel clima di raffinato pastiche, riassumibile nel concetto di “spirale stilistica” di Hofmannsthal.

La spirale come «evoluzione di un’arte all’altra (...) dalla parola nuda, poi alternata a brani strumentali, rivestita di musica, inframezzata di danze, concretizzata infine in una messa in scena interamente cantata, l’opera, intesa quale genere, summa di tutte le arti rappresentative».
La spirale che realizza un’opera mirabile dove le distinzioni di genere diventano superflue, perché le forme del teatro vivente, fondendosi una nell’altra, creano un genere diverso.
Come Hofmannsthal sublima nel libretto Ovidio e Catullo, le Arianne barocche e il mito in tutte le sue apparizioni erudite, pittura cinque e secentesca compresa, così Strauss allo stesso modo “gioca” con i materiali e le forme del passato. Il modello è il Così fan tutte dell’austriaco Mozart che armonizza Germania e Italia e conduce l’opera al suo equilibrio perfetto: un “gioco” che tocca un vertice parossistico nella grande scena (Recitativo-Aria e Rondò) di Zerbinetta che intende alleviare le pene di Arianna, esortandola ai piaceri della vita. Nel fare ciò «il personaggio comico si impossessa del registro alto (...) dando vita ad un numero – di ampiezza e difficoltà spettacolare – in cui convergono tre secoli di storia del canto. I virtuosismi del Settecento sono tramutati in colorature dell’Ottocento e messi in un contesto armonico-strumentale del Novecento».

Dopo specchi e spirali, agli Autori non rimaneva che portare l’ascoltatore all’incontro finale fra Arianna e Bacco, all’apoteosi della trasformazione, dove gli Eletti incontrano «il loro Destino-avvenire non riconoscendosi: ma precisamente in questo non riconoscersi risiede quello che permette all’uno di donarsi interamente all’altro, di confidare in un altro essere vivente, di unirsi in lui interamente dandosi al-di-là di sé stesso, distaccato come davanti alla morte (...) Con l’entrata di Bacco devono sparire le quinte di cartone, il fondale della sala di Jourdain deve salire fra il graticcio, la notte deve avviluppare Bacco e Arianna e le stelle rilucere nel firmamento: niente più teatro nel teatro: Monsieur Jourdain, i suoi ospiti, i lacchè, la dimora, tutto deve sparire, dimenticato; e lo spettatore deve ricordarsi di tutto come un uomo che ha fatto un sogno profondo si ricorda del proprio letto...».

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Date & Biglietti

Biglietti: première da 25 € a 100 € e replica da 20 € a 80 €
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Biografie

Iván Fischer

Direttore d'orchestra, compositore, regista d'opera, pensatore ed educatore, Iván Fischer è considerato uno dei musicisti più visionari del nostro tempo. Il suo obiettivo è sempre la musica e, a tal fine, ha sviluppato diversi nuovi formati di concerto e riformato la struttura e il metodo di lavoro dell'orchestra sinfonica. A metà degli anni Ottanta fonda la Budapest Festival Orchestra e da allora introduce e stabilisce numerose innovazioni. Fischer immagina un insieme di musicisti al servizio della comunità in varie combinazioni e stili musicali. Il suo lavoro come direttore musicale della Budapest Festival Orchestra si è trasformato in una delle più grandi storie di successo musicale degli ultimi 30 anni. Con tournée internazionali e una serie di registrazioni per Philips Classics e Channel Classics, si è guadagnato la reputazione di uno dei più celebri direttori d'orchestra del mondo, per il quale tradizione e innovazione vanno di pari passo. Ha fondato numerosi festival, tra cui il Budapest Mahlerfest, il festival "Bridging Europe" e il Vicenza Opera Festival. Il World Economic Forum gli ha conferito il Crystal Award per i suoi risultati nella promozione delle relazioni culturali internazionali. È stato direttore principale della National Symphony Orchestra di Washington, dell'Opéra National de Lyon e della Konzerthausorchester di Berlino, quest'ultima lo ha nominato Conductor Laureate. La Royal Concertgebouw Orchestra lo ha nominato direttore ospite onorario dopo molti decenni di collaborazione. È spesso direttore ospite dei Berliner Philharmoniker, dell'Orchestra Sinfonica della Radio Bavarese e della New York Philharmonic Orchestra. Iván Fischer ha studiato pianoforte, violino e violoncello a Budapest, prima di unirsi alla classe di direzione di Hans Swarowsky a Vienna. Dopo aver trascorso due anni come assistente di Nikolaus Harnoncourt, ha intrapreso la carriera internazionale come vincitore del concorso di direzione d'orchestra della Rupert Foundation a Londra. Dopo varie apparizioni come ospite in teatri d'opera internazionali, ha fondato la Iván Fischer Opera Company. I suoi allestimenti hanno sempre come obiettivo la fusione tra musica e teatro. Le produzioni dell'IFOC, che spesso uniscono nello spazio strumentisti e cantanti, sono state accolte con grande successo negli ultimi anni a New York, Edimburgo, Abu Dhabi, Berlino, Ginevra e Budapest. Fischer è attivo come compositore dal 2004. La sua opera The Red Heifer ha suscitato grande interesse a livello internazionale; l'opera per bambini The Gruffalo ha avuto numerose riprese a Berlino; la sua opera più frequentemente eseguita, Eine Deutsch-Jiddische Kantate, è stata eseguita in diversi Paesi. Iván Fischer è cittadino onorario di Budapest, fondatore della Hungarian Mahler Society e sostenitore della British Kodály Academy. Il Presidente della Repubblica di Ungheria gli ha conferito la Medaglia d'Oro e il governo francese lo ha onorato come Chevalier des Arts et des Lettres. Nel 2006 è stato insignito dell’Hungarian Kossuth Prize, nel 2011 del Royal Philharmonic Society Music Awarde del Dutch Ovatie Prize e nel 2013 è stato nominato membro onorario della Royal Academy of Music di Londra.

Budapest Festival Orchestra

Iván Fischer realizza il proprio sogno quando fonda la Budapest Festival Orchestra nel 1983 insieme a Zoltán Kocsis. Grazie al suo approccio innovativo alla musica e alla dedizione senza riserve dei suoi musicisti, la BFO è diventata il più giovane ensemble ad entrare nella top ten delle orchestre sinfoniche del mondo. Oltre che a Budapest, l’orchestra si esibisce regolarmente in alcune delle più importanti sedi concertistiche della scena musicale internazionale ed è presente anche sulle piattaforme di streaming internazionali. Dalla sua istituzione, la BFO è stata premiata da “Gramophone”, il prestigioso periodico musicale britannico, per ben tre volte: nel 1998 e nel 2007 la giuria della rivista ha assegnato alla BFO il premio per la migliore registrazione, mentre nel 2022, grazie ai voti del pubblico, è stata nominata Orchestra dell’anno. I successi più importanti della BFO sono legati a Mahler: la registrazione della Sinfonia n. 1 è stata nominata per un Grammy Award. Oltre ai successi discografici e alle acclamate tournée, la BFO si è fatta conoscere a livello internazionale anche grazie una serie di concerti particolarmente originali. Gli Autism-friendly Cocoa Concerts, i Surprise Concerts – apprezzati anche ai Proms di Londra –, le maratone musicali, le Midnight Music performance rivolte ai giovani, i concerti all’aperto a Budapest, le Community Weeks gratuite e il Bridging Europe Festival, organizzato in collaborazione con Müpa Budapest – sono tutti eventi unici a loro modo. Un’altra caratteristica peculiare dell’Orchestra è che i suoi membri cantano regolarmente durante i concerti. Ogni anno la BFO, in collaborazione con la Iván Fischer Opera Company, la Müpa Budapest, il Vicenza Opera Festival e il Festival dei Due Mondi di Spoleto, mette in scena una produzione operistica. Le rappresentazioni sono state invitate al Mostly Mozart Festival di New York, all’Edinburgh International Festival e all’Elbphilharmonie di Amburgo; nel 2013, le Nozze di Figaro sono state al vertice della classifica dei migliori eventi dell’anno di musica classica stilata dal New York Magazine. Il Vicenza Opera Festival, fondato da Iván Fischer, ha debuttato nell’autunno 2018 al Teatro Olimpico.

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