Dianne Reeves
Dianne Reeves
Concerto
Dianne Reeves è considerata la discendente dell’eredità lirico-jazz della grande Sarah Vaughan. «La diva del jazz più ammirata dai tempi d’oro di Ella Fitzgerald e Billie Holiday», l’ha definita il New York Times. Ma se i nomi della Vaughan e di Ella Fitzgerald sono spesso invocati come prova della sua classe, Dianne Reeves si è aperta a un mondo più ampio del jazz. Fin dai suoi primi anni è stata influenzata dai suoni dell’Africa, dell’America Latina e dei Caraibi, e le sue esibizioni svelano sempre nuove profondità di un’artista appassionata, impavida e tecnicamente sorprendente.
Vincitrice di cinque Grammy Award, di cui uno per la pluripremiata colonna sonora del film di George Clooney Good Night and Good Luck, la Reeves fonde la sua grazia senza tempo, la sua eleganza e il suo carisma in indimenticabili interpretazioni. La versatilità stilistica e i mezzi vocali ed espressivi di cui dispone le permettono di confrontarsi con repertori diversi, di riprendere in chiave personale la tradizione del canto jazz, così come di cimentarsi con il rhythm’n’blues e il pop più sofisticato, facendo di ogni sua esecuzione un capolavoro.
«Per me tutto è musica» – afferma Diane Reeves – «e la musica è un’arte che ha il potere di oltrepassare confini tra generi e superare i limiti. Io ho avuto la grande opportunità di entrare in contatto con la musica di tutto il mondo e di scegliere, di cantare ciò che sento mio».
in collaborazione con Umbria Jazz
VOCE
Dianne Reeves
PIANOFORTE
John Beasley
CHITARRA
Romero Lubambo
BASSO
Itaiguara Brandão
BATTERIA
Terreon Gully
Angélique Kidjo e la natura sono legate da un rapporto strettissimo. Non solo perché l’artista africana è una sincera, coerente, impegnatissima ambientalista, ma perché la natura si esprime attraverso di lei e la sua arte. Chiunque l’abbia vista anche una sola volta in scena, anche per pochi minuti, sa bene che Angélique Kidjo non è un’artista come tutte le altre, che è esplosiva, inarrestabile, potente, energica, appassionata. E soprattutto porta in scena l’Africa, con tutto il suo carico di emozioni, di drammi, di gioie, di problemi e di vita. Africa che l’ha vista nascere, in Benin, all’alba degli anni Sessanta, in una famiglia povera ma nella quale l’arte ha regnato sovrana, con la madre coreografa e attrice, e un fratello musicista. Ed è alla danza e alla musica che la giovanissima Angélique si dedica, trovando la sua strada in un paese, il Benin appunto, che è straordinariamente ricco di culture diverse, essendo popolato da oltre quaranta etnie, molte delle quali parlano lingue differenti.
Angélique canta in ron, la sua lingua madre, ma anche in yoruba e in francese, la lingua ufficiale del Benin, e pian piano riesce a costruirsi un buon successo, negli anni Settanta, sia in patria che in altri paesi africani, dal Togo alla Costa d’Avorio, dal Burkina Faso al Camerun. Ed è proprio in Camerun che conosce Ekambi Brillant, produttore e musicista che inizia a collaborare con lei e la spinge ad andare in Francia a cercare fortuna. Ed è a Parigi che la sua avventura nel mondo della musica entra in una fase nuova, nella quale Angélique amplia di molto il suo bagaglio musicale, conosce il jazz e il pop, entra in contatto con grandissime star che ne apprezzano la vocalità, lo stile e l’energia, in un decennio ricco di collaborazioni, di esperimenti, di concerti e di sogni. Che si concretizzano nel 1990 con il suo primo album solista, che la proietta in un universo ancora più grande e davvero senza confini.
Da allora la carriera e l’arte di Angélique Kidjo hanno preso mille strade, l’artista beninese è diventata una cittadina del mondo, sono nate collaborazioni con star del jazz, del pop, del rock, della musica africana, un elenco straordinariamente lungo di artisti che l’hanno cercata ed amata e hanno voluto suonare e cantare con lei, da Manu Di Bango a Carlos Santana, da Buddy Guy a Alicia Keys, da Peter Gabriel a Branford Marsalis, da Tony Allen a Youssou N’Dour, fino all’italiana Carmen Consoli, con la quale ha registrato la bellissima Madre Terra. Ha avuto premi, riconoscimenti, trionfi, ha vinto ben quattro Grammy, ha suonato in tutti e cinque i continenti, conoscendo un grandissimo successo ovunque. Ma soprattutto è diventata una delle artiste più originali dei nostri tempi, in grado di muoversi con incredibile sicurezza e creatività tra rock, jazz, elettronica, pop, poliritmia, funk, dance, e soprattutto restando sempre profondamente africana. È in grado di dar corpo alla musica del Kronos Quartet come a quella dei Talking Heads, a quella di Celia Cruz come a quella di Philip Glass, di essere al fianco di personaggi che hanno fatto la storia della musica come Dr. John e di popstar come John Mayer.
E non basta, perché Angélique Kidjo è una delle artiste più impegnate sul fronte sociale: non si tratta solo di parole o di atteggiamenti, l’artista e la donna non sono separate, la sua battaglia è costante e quotidiana, sul fronte della pace e della difesa dell’ambiente, delle minoranze e delle donne, con un messaggio inclusivo e unitario che è strettamente connesso alla sua musica. Ambasciatrice dell’UNICEF, animatrice di Batonga, la sua associazione per la scolarizzazione primaria e secondaria delle giovani africane, impegnata da sempre sul fronte ambientalista, Angélique Kidjo racconta soprattutto l’Africa delle donne, come ha fatto in maniera splendida nella sua autobiografia, Spirit Rising, dedicato in particolare alle giovani generazioni, quelle che non solo erediteranno il mondo ma che, come sostiene lei, cambieranno l’Africa: «Spero che questa storia potrà ispirare tante ragazze in Africa perché insistano a sognare sul serio. Saranno i loro sogni e la loro forza d’animo a cambiare il continente, è il cuore che me lo dice». Sogna, Angélique, ma sa bene che le difficoltà sono enormi, che la povertà è il primo problema da affrontare, «perché condiziona tutto», ricorda, «prima di tutto la salute, sia mentale che fisica, in particolare dei giovani. E poi impedisce l’accesso all’istruzione, elemento chiave nello sviluppo dell’intero continente, perché chi ha accesso alla cultura ha anche accesso alla politica, e naturalmente alla democrazia, è uno straordinario strumento di libertà. Io sogno anche che, finalmente, possa cambiare la narrazione dell’Africa, che è sempre fatta di povertà e di guerre infinite, che tutti accettano come se l’intero continente avesse solo questa faccia. Invece l’Africa è ricca di culture differenti, di diversità, di bellezza, di meraviglie, che spesso noi africani stessi non conosciamo e che per molti versi nessuno vuole che accada, perché se sapessimo raccontare bene la nostra storia e la nostra realtà, con i nostri mezzi, i nostri modi e i nostri contenuti, le cose potrebbero davvero cambiare. Ma il colonialismo culturale da noi non è mai finito, tanti, troppi paesi non sono realmente indipendenti».
Non è un caso se Time, pochi mesi fa, l’abbia segnalata come una delle cento personalità più influenti del 2021, se altrettanto abbia fatto l’anno prima la BBC, se per celebrare l’anniversario dell’indipendenza del Benin il New York Times l’abbia messa in prima pagina, se Amnesty International l’abbia premiata come una delle più influenti attiviste nella difesa delle libertà personali. Angélique Kidjo dimostra, con la sua vita e il suo impegno, che la musica, l’arte, possono essere un bellissimo strumento di pace, di inclusività, di crescita umana, personale e collettiva. Passione e natura, politica e vita, libertà e arte, si incontrano nella musica di Angélique Kidjo, che è fatta di carne e sangue, di cuore e poesia, di ritmo e di calore, è radicata nell’Africa più antica e al tempo stesso ha la forza di chi sa vivere la contemporaneità immaginando il futuro. È musica per il corpo e la mente, che trova la sua manifestazione nella potenza espressiva del suo modo di cantare, nella sua presenza scenica, nella forza della sua danza, che negli anni hanno catturato l’attenzione di milioni di spettatori dei suoi spettacoli, che hanno sperimentato come la sua arte sia poderosamente viva e vitale, carica di bellezza e di sentimento, un flusso inarrestabile di emozioni e di pensieri, di sperimentazioni e di divertimento, di rabbia e visioni. La musica, originalissima e personale, di una delle più grandi artiste dei nostri giorni.
Vincitrice di cinque Grammy Awards, di cui uno per la pluripremiata colonna sonora del film di George Clooney Good Night and Good Luck, è fra le più acclamate vocalist jazz del mondo.
La Reeves ha registrato con Wynton Marsalis e la Lincoln Center Jazz Orchestra, nonché con la Chicago Symphony Orchestra diretta da Daniel Barenboim. È stata solista con Sir Simon Rattle e la Filarmonica di Berlino. Dianne Reeves è stata la prima Creative Chair for Jazz della Los Angeles Philharmonic e la prima vocalist a esibirsi nella famosa Walt Disney Concert Hall. Ha lavorato con il leggendario produttore Arif Mardin (Norah Jones, Aretha Franklin) per A Little Moonlight. In occasione dell’uscita della raccolta natalizia Christmas Time is Here, Ben Ratliff del New York Times disse: «La signora Reeves, una cantante jazz di abilità spesso sorprendente, prende il compito seriamente; questo è uno dei migliori CD jazz di Natale che abbia mai sentito». Negli ultimi anni la Reeves ha girato il mondo partecipando a diverse occasioni tra cui Sing the Truth, una celebrazione musicale di Nina Simone che ha visto anche la partecipazione di Lizz Wright e Angelique Kidjo. Si è esibita alla Casa Bianca varie volte, tra cui per la cena di stato del presidente Obama con il presidente della Cina e il Governors’ Ball. La sua più recente registrazione, Beautiful Life, vede coinvolti Gregory Porter, Robert Glasper, Lalah Hathaway e Esperanza Spalding. Prodotto da Terri Lyne Carrington, Beautiful Life ha vinto il Grammy 2015 per la migliore performance vocale jazz. La Reeves ha ottenuto i dottorati onorari del Berklee College of Music e della Juilliard School. Nel 2018 il National Endowment for the Arts ha proclamato la Reeves “Jazz Master” – la più alta onorificenza che gli Stati Uniti conferiscono agli artisti jazz.
Angélique Kidjo
Budapest Festival Orchestra,
Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Iván Fischer
Barbara Hannigan
Tovel, Jacopo Mazzonelli