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61

DONNA FABIA

ADRIANA ASTI - MARCO TULLIO GIORDANA

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Saturday
14
July
2018
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18:00
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Teatro

Sinossi

Dire che Carlo Porta (Milano, 1775 - Milano, 1821) e Giuseppe Gioacchino Belli (Roma, 1791 - Roma,1863) sono i massimi esponenti della poesia dialettale dell’Ottocento è far loro un torto. Sono due grandissimi poeti (anzi romanzieri, vedremo poi il perché) che possono ben volteggiare alle altezze dei coevi Foscolo (Zante, 1778 – Turnham Green, 1827) o Leopardi (Recanati, 1798 – Napoli, 1837), il cui valore viene percepito in modo riduttivo per la scelta di esprimersi in madrelingua “plebea” anziché nell’idioma letterario che costituisce di questa quasi una “traduzione”. Se almeno parte del loro corpus poetico l’avessero scritta in italiano (come faranno anche Berchet, Manzoni e gli altri), probabilmente la loro notorietà sarebbe molto più estesa.

Perché considerare Belli e Porta romanzieri? L’oggetto della loro ricerca è l’accurata descrizione di modelli e comportamenti sociali, d’involontario (ma forse no) affresco storico, di tableaux-vivants e dialoghi pronti per il teatro capaci di restituire il loro tempo con tale complessità e ricchezza di sfumature da dilatare enormemente i confini della poesia. Esula da questo contesto un esame più approfondito, chi volesse può approfittare dell’illuminante lavoro di Dante Isella (in C. Porta, Poesie, a cura di D. I., Milano-Napoli, Ricciardi, 1958, pp. XI-XXIX). Qui vorrei dire solo del criterio adottato nella “traduzione” per rimanere fedele e non perdere il blend aristo-becero di donna Fabia: un misto di arcaismi, fini diciture e termini eleganti mescolati al linguaggio corrente, non senza la civetteria di infilarci qualche bella volgarità. È il mondo dell’aristocrazia lombarda fine ‘700, che regge la sua economia su immensi possedimenti e rendita agraria che permette la bella vita in città e lo sfogo della villeggiatura nelle splendide sontuose lombarde dimore. Con esercito annesso di domestici, cameriere, fattori, giardinieri, cuoche, sguattere, cocchiere, il maggiordomo più realista del Re e finalmente l’immancabile prete di casa, i cui buoni uffici dovrebbero garantire la dolce vita nell’aldilà intanto che si godono bellamente i privilegi dell’aldiquà. Questo spiega perché rimangano alcune parole milanesi monche in coda (Fabron, tal, qual, ugual, simil, infallibil, mandare a dar via, etc ) e i vezzi scurrili che mai abbandonano i signori, sorta di grossolana lingua parallela che scorre nella conversazione come il fosso di fianco alla strada.

Del Porta ho inteso rispettare anche l’entrare e l’uscire dal canone della metrica, secondo il tono umorale del momento: a tratti aulico, altrove “pratico”, senza riguardi per l’infrazione.

La poesia in milanese, per quei pochi che lo parlano (e sia chiaro che per capire tutto devo fare uno sforzo anch’io!) è spassosissima. Per farla intendere a tutti, lo spettacolo aggiunge un controcanto dal vivo: Adriana, in paziente attesa che il film finisca (come in un’installazione di Fabio Mauri o Bob Wilson) per poi snocciolarne con garbo la traduzione. Ho lavorato con Adriana Asti per la prima volta nel 1994, nel film Pasolini, un delitto italiano. Ci siamo ritrovati poi nel tempo: La meglio gioventù (2003), Quando sei nato non puoi più nasconderti (2005), fino a pochi mesi fa in Nome di donna. Da sempre avremmo desiderato fare insieme qualcosa dedicato al Porta, nume tutelare di entrambi meneghini. Naturalmente si deve immaginare la Milano dei quadri del Piccio (Giovanni Carnevali), di Carlo Canella, Giuseppe Elena, Giuseppe Molteni o i ritratti di Andrea Appiani e di Francesco Hayez.

Il costume di Adriana, più che rifarsi alla moda primi ‘800 (con predilezione napoleonica per stoffe leggere e sottovesti e scialli) riecheggia quella dei precedenti decenni before the Revolution: il nero in cui s’avvolge donna Fabia è quello d’una goyesca Maja vestida che rimpiange la dominazione austriaca, forse addirittura l’antecedente spagnola. Porta il lutto, ma non per ragioni di famiglia, ma per il Sei e Settecento che se ne sono volati via dispettosi.

Il prete di casa è interpretato da Andreapietro Anselmi, obbligato dal languorino allo stomaco a connivente silenzioso assenso.

Marco Tullio Giordana

Crediti

Programma

da Carlo Porta

film e installazione di Marco Tullio Giordana

con** Adriana Asti **nel ruolo di Donna Fabia

e **Andreapietro Anselmi **nel ruolo di don Sigismondo

produzione Spoleto 61 Festival dei 2Mondi

_Il film è stato realizzato per il Festival di Spoleto grazie alla collaborazione di Federico Annicchiarico, Elisabetta Antico, Lina Cardone, Elena Chiappa, Pierpaolo De Mejo, Luigi Piccolo, Marta Rinaldi, Roberto Paglialunga, Salvatore Romeo, Francesca Livia Sartori, Sergio Rossi, Federico Sciarrini, Pietro Valsecchi, Mimmo Verdesca. _

Programma di Sala

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Date & Biglietti

INFO BIGLIETTERIA
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2018
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Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti
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Biografie

ADRIANA ASTI

Nel corso della sua carriera teatrale è stata diretta, tra gli altri, da Strehler, Visconti, Ronconi, Harold Pinter, Susan Sontag, Alfredo Arias interpretando con riconosciuta maestria grandi personaggi del teatro classico e moderno. Ha ispirato autori come la Ginzburg, Siciliano, Patroni Griffi, Cesare Musatti e Franca Valeri, che hanno creato per lei indimenticabili protagoniste per le nostre scene. Da molti anni recita anche in lingua francese ed è riuscita a far conoscere, con grande successo, alcune delle sue eroine, sui palcoscenici di Parigi. Ha scritto due commedie, Caro Professore Alcool, rappresentate per più di 200 repliche, e due romanzi pubblicati in Francia, Rue Ferou e Se souvenir et oublier. Quest’ultimo pubblicato anche in Italia da Edizioni Portaparole con il titolo Ricordare e dimenticare. Ha partecipato a oltre 60 film diretta, tra gli altri, da Visconti, De Sica, Pasolini, Bertolucci, Bolognini, Brass, Giordana, Techiné e Bunuel._ Stramilano_, nostalgia in musica della sua città, e_ Ja das Meer ist blau_, poemi e canzoni di Brecht e Weill, spettacoli da lei ideati, la vedono nella sua nuova veste di cantante. Per le sue interpretazioni ha ottenuto il Premio Ennio Flaiano, tre Maschere d’oro, quattro Nastri d’argento, il David di Donatello, la Grolla d’oro, il Premio De Sica e il Ciak d’oro. Dal 2004 è Grande Ufficiale della Repubblica Italiana. Nel 2009 Robert Wilson l’ha diretta in Giorni Felici di Samuel Beckett. Nel 2011 è stata insignita del titolo di Chevalier dans l’Ordre des Arts et de Lettres. Nel 2013 è stata la protagonista de_ La voce umana /Il bell’indifferente_ di Jean Cocteau diretta da Benoit Jacquot. Nel 2014 è stata Alice in _Danza macabra _di August Strindberg per la regia di Luca Ronconi, spettacolo con il quale è stata in tournée nazionale e internazionale fino al 2016. Nel 2017 ha raccontato sé stessa in Memorie di Adriana, adattamento teatrale tratto dal libro Ricordare e dimenticare, conversazione tra Adriana Asti e René De Ceccatty, per la regia di Andrée Ruth Shammah. Sempre nel 2017 scrive Un futuro infinito. Piccola autobiografia pubblicato da Mondadori. Nel 2018 interpreta il ruolo di _Donna Fabia _nel film installazione di Marco Tullio Giordana, dal poema di Carlo Porta.

MARCO TULLIO GIORDANA

Nato a Milano nel 1950, ha realizzato il suo primo film Maledetti vi Amerò nel 1980. Nel 1981 ha realizzato La Caduta degli Angeli Ribelli, nel 1982 il video Young Person’s Guide to the Orchestra, ispirato alla partitura di Benjamin Britten, nel 1983 gira per la televisione Notti e nebbie, tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Castellaneta, e nel 1988 Appuntamento a Liverpool. Nel 1991 gira La neve sul fuoco, episodio del film La domenica specialmente. Nel 1994 partecipa al film collettivo L’Unico Paese al Mondo e nel 1995 realizza Pasolini, un delitto italiano. Nel 1996 produce e realizza per RAI e UNICEF il film Scarpette bianche, nel 1997 ha realizzato il film di montaggio La rovina della patria, nel 2000 realizza_ I Cento Passi_ e nel 2003 la saga in due parti de_ La meglio gioventù_. Nel 2005 dirige Quando sei nato non puoi più nasconderti, nel 2008 Sanguepazzo, nel 2012 Romanzo di una strage e nel 2015 Lea. Nel 2016 ha girato il film_ I due soldati_ e nel 2017 Nome di donna. Nel 1990 ha curato per il Teatro Verdi di Trieste la regia di L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti e nel 1997 lo spettacolo Morte di Galeazzo Ciano di Enzo Siciliano per lo Stabile di Torino. Nel 2012 ha messo in scena la trilogia di Tom Stoppard_ The Coast of Utopia _per lo Stabile di Torino e il Teatro di Roma e nel 2015, per lo Stabile di Torino e lo Stabile del Veneto The Testament of Mary di Colm Tóibín. Nel 2016 ha diretto la Compagnia di Teatro di Luca De Filippo in _Questi fantasmi! _di Eduardo De Filippo. Ha pubblicato il romanzo _Vita segreta del signore delle macchine _(Milano, 1990) e il saggio Pasolini, un delitto italiano (Milano, 1994) oltre alle sceneggiature (in collaborazione) di vari suoi film. Nel 2012 ha pubblicato, insieme a Marco Perisse, la traduzione di The Coast of Utopia di Tom Stoppard (La sponda dell’Utopia, Palermo 2012).

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