Silvio Orlando
Pablo Remón
Ciarlatani
Il drammaturgo Pablo Remón porta sul palcoscenico del Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi l’esilarante commedia Ciarlatani, di cui è autore e regista, che segna il ritorno al Festival dei Due Mondi di Silvio Orlando.
Anna è un’attrice di teatro la cui carriera è in declino. Diego è un regista affermato di film commerciali. Entrambi rappresentano apparentemente i due estremi della professione artistica: il successo e il fallimento. Entrambi stanno attraversando una crisi personale e le loro storie sono collegate da una figura comune: il regista cult degli anni ’80 Eusebio Velasco, padre di Anna e maestro di Diego, scomparso e isolato dal mondo.
«Ciarlatani è una commedia in cui solo quattro attori viaggiano attraverso decine di personaggi, spazi e tempi. Una satira sul mondo del teatro e dell’audiovisivo, ma anche una riflessione sul successo, sul fallimento e sui ruoli che ricopriamo, dentro e fuori la finzione» dice Remón che attingendo a una narrazione eminentemente teatrale, ma con un’aspirazione fittizia e cinematografica, dipana una pièce in capitoli con una struttura più vicina a un romanzo che al teatro.
di Pablo Remón
traduzione italiana di Davide Carnevali
da Los Farsantes
con Silvio Orlando
e con (in o. a.) Francesca Botti, Francesco Brandi, Blu Yoshimi
scene Roberto Crea
luci Luigi Biondi
costumi Ornella e Marina Campanale
aiuto regia Raquel Alarcón
regia Pablo Remón
direttore di scena Luigi Flammia
datore luci Federico Calzini
fonico Gianrocco Bruno
sarta Piera Mura
assistente alla regia Sonia Mingo
assistente costumista Daria Latini
service luci Fonolight srl
service audio Gutta
trasporti MS Futura Srl
foto di scena Guido Mencari
regia video Nicolò Bressan Degli Antoni
videomaker Ilaria Zago e Pietro Coppola
consulenza amministrativa Teresa Rizzo
management Vittorio Stasi
direzione generale Maria Laura Rondanini
produzione Cardellino srl
in coproduzione con Spoleto Festival dei Due Mondi, Teatro di Roma / Teatro Nazionale
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Chi sono quei Ciarlatani?
Testo di Maddalena Giovannelli
Cinema d’autore e serie tv, sale d’essai e distribuzione planetaria, maestri lasciati del dimenticatoio e nuove scintillanti star del web. Le contraddizioni di un’arte che rischia di farsi completamente schiacciare dalle regole del mercato, scandagliate ormai trent’anni fa dal celebre Art di Yasmina Reza (1994), sono riapparse con chiarezza cristallina nell’ultimo film di Nanni Moretti, Il sol dell’avvenire (2023). Giovanni, un regista alter-ego di Moretti, sta girando una pellicola sul Partito Comunista italiano degli anni Cinquanta, con regole del tutto diverse da quelle che le grandi piattaforme richiedono: trovare finanziatori risulterà proprio per questo ben più complesso del previsto. Il protagonista del film dentro il film è Silvio Orlando, che interpreta un segretario di sezione alle prese con cruciali scelte politiche e personali solo apparentemente anacronistiche e distanti da noi: quanto siamo disposti a cambiare pur di avere successo? A cosa possiamo rinunciare per conservare la posizione che abbiamo ottenuto? A quale grado di compromesso è giusto fermarsi?
Queste e altre questioni capitali riverberano dalla sceneggiatura di Moretti ai Ciarlatani di Pablo Remón, autore madrileno attivo tra cinema e teatro; non è difficile, complice la presenza in scena di Silvio Orlando in entrambe le opere, percepire nell’una le domande e le istanze dell’altra.
Il protagonista di Ciarlatani è Diego, un regista di successo che ha compreso bene la formula per produrre con le grandi reti e per farsi amare dal pubblico. Ora è il suo momento d’oro: ha in mano una nuova serie tv e una super attrice protagonista ha appena firmato il contratto. Ma proprio nell’attimo in cui possiamo scattare la fotografia del nostro trionfo, c’è sempre qualcuno o qualcosa in grado di ricordarci chi eravamo, o chi avremmo voluto essere. Per Diego, si tratta di un vecchio maestro della scuola di cinema, Eusebio Velasco, talento adamantino mai compromesso con il mercato, ormai isolato e dimenticato da tutti. Anche la figlia di Eusebio, Anna, è alla resa dei conti con la sua carriera di attrice, sempre sul punto di cominciare e sempre pronta a franare su nuovi fallimenti. Le due parabole si incroceranno deviando i cammini di entrambi. Intorno a loro, una galassia di apparizioni: attrici, produttori cocainomani, comparse minorenni, padri e madri. Il loro ruolo è soprattutto quello di applaudire il successo o rimarcare i fallimenti di Diego o di Anna, come se tutte le relazioni umane intorno all’arte finissero poi per essere schiacciate su questa doppia funzione. Remón sembra, per questo aspetto, avere in mente la crudele Trilogia delle arti di Thomas Bernhard (1983-1985), che fotografa un’umanità mangiata dal livore verso il genio e dal disprezzo per la mediocrità.
Ciarlatani affonda dunque la penna senza pietà nelle piaghe di un piccolo mondo alla deriva, e finisce così per passare dallo specifico della produzione artistica ad un più ampio spaccato di una società ossessionata dal successo. Il genere scelto dal drammaturgo non è però casuale: Remón opta per una satira onirica, anti-naturalistica, che pare un blob delle storture e dei paradossi della retorica contemporanea e che agisce per accumulo. Ad un primo sguardo potrà sembrare di riconoscere una parodia dell’industria televisiva e cinematografica nello stile della serie italiana Boris, o della più recente Call My Agent. Vediamo Anna, per esempio, impegnata in una surreale telenovela ambientata dopo la fine della guerra, dal titolo I giorni della nostra vita, mal scritta e mal recitata come Gli occhi del cuore di René Ferretti; o ancora ridiamo del produttore che ha una visione del film “purissima” come la cocaina che sniffa. Ma Remón scarta presto dal registro quotidiano e parodico e costruisce un accumulo surreale di gag che risultano comiche proprio perché prendono in contropiede i meccanismi rodati del pensiero logico. La struttura drammaturgica di Ciarlatani è infatti costruita soprattutto sul ritmo: un ingranaggio di tempi comici fondato sul contrasto tra lunghi monologhi e brevi freddure, sulle continue entrate e le uscite di personaggi che sembrano in primo luogo proiezioni dell’immaginario, incubi o sogni dei due protagonisti che svaniscono un istante dopo essere apparsi. Si ride, in definitiva, proprio perché si accetta senza neanche accorgersene di allontanarsi dal piano realistico su cui ci si era illusoriamente assestati.
La metrica è fondamentale in questo tour de force ritmico, e non è dunque casuale la scelta di affidare la cura della versione italiana a un drammaturgo di esperienza come Davide Carnevali. Se la specificità della traduzione per il teatro è un problema tanto rilevante quanto spesso sottovalutato, nel comico diventa uno snodo ineludibile: l’originale deve essere adattato al contesto di destinazione, in modo da restituire il sistema di riferimenti socio-culturali in modo agile, nel tempo rapidissimo necessario per decodificare una battuta o un nonsense. I traduttori di Dario Fo in tutto il mondo conoscono bene la complessità della sfida; Remón, dalla sua, reputa la questione dell’adattamento così importante da nascondere nel suo copione un piccolo omaggio al collega Carnevali.
Ma qual è, in definitiva, il vero oggetto parodico di Ciarlatani? In primo luogo, lo si è detto, gli splendori e le miserie del mondo teatrale, televisivo e cinematografico. Remón, per altro, sa bene che il gesto pittorico lascia tracce di colore non solo sulla tela ma anche sui vestiti di chi disegna, e così mette alla berlina se stesso ritraendosi – in un vivace intermezzo che applica tutti i meccanismi di una spigliata autofiction – come un goffo plagiatore di idee altrui.
Ma non basta. La parodia è sempre un gioco di specchi ed è probabile che, anche quando si sente al sicuro e lontano dai mondi descritti, anche il pubblico si scopra riflesso e deformato. La corsa per raggiungere il successo ad ogni costo, l’esclusione di chi non è disposto a stare alle regole del mercato, il cono d’ombra in cui viene lasciato chi fallisce e chi soffre sono forme di violenza a cui assistiamo o che applichiamo ogni giorno, sul palco di una società tutta votata all’auto-rappresentazione.
In questa prospettiva è opportuno interrogarsi a fondo sul titolo scelto, forse una delle più coraggiose scelte traduttive di questa versione italiana. L’originale “Los Farsantes” indica infatti da un lato agli attori di teatro, dall’altro chi finge, mente e truffa nella vita reale. Se ci si impone di preservare in modo equanime entrambi i significati si finisce inevitabilmente per ricadere su traduzioni polverose come “I commedianti”, che spengono la vis polemica del titolo. Meglio “Ciarlatani”, dunque, perché sotto i riflettori di questo spettacolo – siatene certi – non ci sono solo gli artisti. Chi sono allora quei farsantes, disposti a qualunque compromesso pur di ottenere un briciolo di attenzione, ridicoli e costantemente in performance?
Si dice che il grande regista Ernst Lubitsch spiegò così al giovane collega Billy Wilder il segreto del comico: «non bisogna dire agli spettatori “due più due, uguale quattro”. Bisogna dire solo “due più due” e lasciare che siano loro a fare il calcolo». A noi, dunque, l’ingrato compito di tirare le somme.
Nato a Napoli nel 1957, lavora in teatro nelle seguenti produzioni: dal 1970 al 1980 in Kabarett di R. Carpentieri e in Anemic Cinéma di A. Neiwiller; dal 1980 al 1985 in Black out di A. Neiwiller, La Stanza di Orlando-Taiuti, Due Uomini e un Armadio di Orlando-Taiuti, Ragazze sole con qualche esperienza di E. Moscato con Moscato, Orlando, Taiuti e Ruccello; dal 1985 al1990 in Comedians di G. Salvatores, Eldorado di G. Salvatores; dal 1990 al 2000 in Sottobanco di Starnone regia D. Lucchetti, Due Farse di P. De Filippo regia di Silvio Orlando, La Tempesta di Shakespeare regia di B. Corsetti; dal 2000 al 2010 in Eduardo al Kursaal di E. De Filippo regia di Armando Pugliese, Questi Fantasmi di E. De Filippo, regia A. Pugliese, Il Dio della carneficina di Reza regia R. Andò, Amleto di Shakespeare regia di A. Pugliese ; dal 2010 al 2019 in Se non ci sono altre domande di P. Virzì, Il nipote di Rameau di Diderot regia S. Orlando, Il Mercantedi Venezia Shakespeare regia V. Binasco, La Scuola di D. Starnone regia D. Lucchetti, Lacci di D.Starnone regia di A. Pugliese, Si nota all’imbrunire testo e regia di Lucia Calamaro; dal 2020 al 2022 in Si nota all’imbrunire testo e regia di Lucia Calamaro, La vita davanti a sé dal romanzo di Romain Gary riduzione e regia Silvio Orlando.Nel cinema lavora dal 1985 al 1990 in Palombella Rossa di N. Moretti, La settimana dellaSfinge di D. Luchetti; dal 1990 al 2000 in Il portaborse di D. Luchetti, Un'altra vita di C. Mazzacurati, Sud di G. Salvatores, La Scuola di D. Luchetti, Ferie d'agosto di P. Virzì, La mia generazione di W. Labate, I Magi randagi di S. Citti, Nirvana di G. Salvatores, Aprile di N. Moretti, Auguri Professore di Riccardo Milani, dal 2000 al 2010 in Fuori dal Mondo di G Piccioni, Preferisco il rumore del mare di M. Calopresti, La stanza del figlio di N Moretti, Il Papà di Giovanna di P. Avati, Il Caimano di N. Moretti, Caos Calmo di Antonello Grimaldi, Ex di Fausto Brizzi_, Il grande Sogno_ di M. Placido; dal 2010 al 2018 in Genitori e Figli di Giovanni Veronesi, La Passione di C. Mazzacurati, Il delitto di via Poma di Roberto Faenza, Un Castello in Italia di Valeria Bruni Tedeschi, La variabile umana di B. Oliviero, La sedia della Felicità di C. Mazzacurati, Un paese quasi perfetto di Massimo Gaudioso; dal 2019 al 2022 in Lacci di Daniele Luchetti; Il bambino nascosto di Roberto Andò, Aria-ferma di Leonardo Di Costanzo di cui è cooprotagonista con Toni Servillo, Siccità di Paolo Virzì, Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti.Per la televisione lavora a Zanzibar, Emilio, I vicini di casa, Felipe ha gli occhi azzurri, Michele alla guerra, Genitori e figli, nella serie televisiva The Young Pope con Jude Law, Diane Keaton, John Malkovich e la regia di Paolo Sorrentino per Sky e HBO.Nella sua lunga carriera ha vinto numerosi premi fra cui il Telegatto, diversi Nastri d'argento e Globo d'oro, David di Donatello , Ciak d'oro, il Premio Gian Maria Volonté, la Coppa Volpi, il Premio Le maschere del Teatro Italiano e il Premio Anct / Poesio alla carriera.
Ha scritto e diretto gli spettacoli La abducción de Luis Guzmán, 40 años de paz, Barbados, etcétera, El tratamiento, Los mariachis, Doña Rosita, anotada, Los farsantes e Barbados en 2022. Le sue opere sono state presentate in anteprima in teatri come il Pavón Kamikaze, il Teatro Valle-Inclán e il Teatros del Canal di Madrid, oltre a partecipare al Festival de Otoño de la Comunidad de Madrid e al FIBA di Buenos Aires. Ha vinto premi come il Lope de Vega e il Jardiel Poncela. Nel 2021 ha riceuto il Premio Nacional de Literatura Dramática. Come sceneggiatore, ha scritto diversi lungometraggi, tra cui Casual Day, No sé decir adiós e Intemperie. Ha ricevuto il Premio Goya 2020 per la migliore sceneggiatura non originale, il Premio Julio Alejandro per la sceneggiatura iberoamericana e la Biznaga d'argento per la migliore sceneggiatura al Festival di Malaga in due occasioni. Ha diretto cortometraggi premiati in alcuni dei più importanti festival spagnoli e ha scritto per la televisione serie come Vamos Juan, Venga Juan e La Ruta. È stato ospite della New York University, del Primer Congreso Iberoamericano de Escritores Cinematográficos e di Euroimágenes in Colombia, tra gli altri. Dal 2011 al 2019 ha coordinato il Diploma in sceneggiatura presso l'ECAM. Nel 2019 è stato membro della giuria del Premio Princesa de Asturias de las Letras. Le sue opere sono pubblicate da La uÑa RoTa, in tre volumi: Abductions (2018) comprende tutti i lavori realizzati con la compagnia La_Abducción, fino al 2018; i suoi lavori successivi sono raccolti in due volumi: Ghosts (2020) e Los Farsantes (2022).
Francesca Botti nel 2001 si diploma attrice presso la Scuola D'Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano. Inizia la sua attività lavorativa al Teatro Litta e al Teatro del Buratto di Milano, in diverse produzioni di Teatro Ragazzi. Nel 2014 partecipa al Fringe Festival di Edimburgo con “The Cut Tuk Show”. Ha collaborato con il Teatro La Piccionaia – I Carrara di Vicenza, il Teatro Franco Parenti di Milano, il Teatro Nuovo e Babiloniateatri di Verona. Con il Teatro Stabile del Veneto lavora nel 2011 in “Elektra” di Hugo von Hofmannsthal con Elisabetta Pozzi, regia Carmelo Rifici; dal 2015 al 2017 è ne “La Cativissima I e II” di e con Natalino Balasso; dal 2017 al 2019 lavora ne “Le Baruffe Chiozzotte” di Carlo Goldoni, regia Paolo Valerio. Dal 2019 al 2020 è attrice in “Jezabel” di Irene Nemirovsky, regia di Paolo Valerio, Teatro Stabile di Verona. Nel 2022 è assistente alla regia e attrice di “Arlecchino muto per spavento” di Marco Zoppello, produzione Stivalaccio Teatro. Produce, scrive e interpreta suoi monologhi di teatro comico, teatro canzone e teatro di narrazione.
Nasce nel 1982, a Legnago. Nel 2007 si diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma e da quel momento lavora a teatro, in televisione, al cinema con, tra gli altri, Andrée Ruth Shammah, Pupi Avati, Nanni Moretti, Ettore Scola, Paolo Virzì, Massimo Venier. Anche drammaturgo, 2018, con Buon anno Ragazzi, ha vinto il premio Erriquez per la drammaturgia, e nel 2019, con Per Strada, è stato nominato come miglior novità italiana alle Maschere del Teatro.
Classe 1997, lavora come attrice per il cinema, televisione e teatro dal 2001. Debutta al cinema nel 2008 a fianco di Nanni Moretti nel film Caos Calmo, poi protagonista di Piuma presento in concorso al festival di Venezia, Likemeback presentato al Locarno Film Festival e poi di El Nido un film horror italo-argentino presentato al Trieste Science Film Festival. Nel 2019 ha fatto parte della giuria per i cortometraggi di Alice Nella Città, sezione legata alla Festa del Cinema di Roma. Nel 2021 è in scena con lo spettacolo Discarica di S. Spada. Nel 2022 chiude il set di Resvrgis e apre quello di una nuova serie prodotta da Palomar. Nel 2023 è in sala con l’ultimo film di Nanni Moretti, Il Sol dell’Avvenire, presentato a Cannes. Ha iniziato a studiare recitazione all’età di nove anni con compagnie teatrali, a undici con membri dell’Actors’ Studio quali Doris Hicks, Michael Margotta, Jack Waltzer, Cloe Xaufflaire, Lidia Vitale e Mary Setrakian per il canto. Segue la filosofia e il lavoro di scuole internazionali quali il Susan Batson Studio di New York ed Estudio Cor raza di Madrid. Nel frattempo, a Marzo 2022 consegue la laurea al Dams sviluppando uno studio approfondito sulla scrittura cinematografica che sta mandando avanti nella creazione di uno spettacolo teatrale che debutta a Maggio 2023, cortometraggi e due lungometraggi. Puntando ad un mondo migliore usa la sua immagine supportando e promuovendo cause sociali come nel caso del FAI e Every Child Is My Child.
Carlo Cecchi
Leonardo Lidi
Luca Marinelli
Fabian Jung
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