Uffa che barba!
Risveglio di primavera
Agiscono in modo scorretto quelli che presentano il sesso a chi lo impara come una cosa naturale, pulita, innocente e ovvia. Hanno invece ragione quelli che glielo mostrano come una cosa innaturale, e dunque sporca, pericolosa e incomprensibile.
Bertolt Brecht, Fatzer
La buona, vecchia morale. È una parola vecchia, che non si usa più. Con l’aggiunta di una sola lettera diventa mortale (e quanti morti ha fatto, e quanti morti continua a fare). Non si parlava d’altro, sul finire del diciannovesimo secolo, ed è in nome della morale che ai ragazzi di Risveglio di primavera viene proibita la conoscenza del mondo che li porterà alla morte. Adesso non la si nomina quasi più, forse ha preso altri nomi. Ma ogni volta che si giustifica una violenza, ogni volta che si fanno commenti sui vestiti di una ragazza violentata e uccisa, ogni volta che si infierisce su una vittima, la morale è viva e lotta contro di noi.
L’immoralismo, invece, è invecchiato molto peggio. Quella contro-morale che affiora spesso in Risveglio di primavera oggi ci fa sorridere. Per diverse volte è stata presa come “messaggio” dell’opera, facendo del testo una sorta di manifesto a favore dell’educazione sessuale. Ma c’è una figura mascherata che respira attraverso tutta l’opera e la toglie dalla retorica; è Mefistofele, arrivato direttamente dal Faust di Goethe a rendere la conoscenza inseguita dai ragazzi un atto tanto vitale quanto oscuro. Nel cuore di ogni uomo c’è il diavolo, nessun atto è innocente tolta la cancellazione di sé. Tutto qua.
Una nota più personale. Questo testo è una porta verso qualcosa che pensavo di aver dimenticato. Verso la sensazione di tragedia imminente, di orribile rovesciamento del mondo che durante l’adolescenza mi ottundeva la mente. Non sono mai riuscito a dire niente di quella sensazione, a darle un nome, o a condividerla con qualcuno. Diversi anni dopo ho incontrato il testo di Wedekind e l’ho sentita di nuovo suonare “come una serie di oscuri ricordi, come un motivo che uno ha canticchiato tranquillamente da ragazzo e che, in punto di morte, gli giunge dalle labbra di un altro e gli sconvolge il cuore”. Ringrazio i sei attori del biennio di specializzazione per aver così coraggiosamente seguito la mia guida nell’attraversamento di questo territorio.
Giovanni Ortoleva
RISVEGLIO DI PRIMAVERA
di Franz Wedekind
adattamento e regia Giovanni Ortoleva
supervisione artistica di Antonio Latella
con Eva Cela, Pietro Giannini, Fabiola Leone, Irene Mantova, Riccardo Rampazzo, Daniele Valdemarin
dramaturg Federico Bellini
scene Giuseppe Stellato
costumi Graziella Pepe
luci Pasquale Mari
musiche Pietro Guarracino
sound design Franco Visioli
movimenti Marco Angelilli
assistente alla regia Fabio Carta
“Uffa, che barba! Uffa, che noia!”
Con questa frase si concludevano gli episodi di Casa Vianello, la sit-com televisiva che vedeva protagonisti Sandra Mondaini e Raimondo Vianello; dopo una giornata condita da episodi rocamboleschi, equivoci, comici litigi, la coppia si augurava la buonanotte con questa frase pronunciata dalla Mondaini, che diventò quasi uno slogan capace di entrare nel gergo degli italiani. Una frase che ormai associamo naturalmente a qualcosa di noioso, ripetitivo; i ragazzi spesso la utilizzano quando vengono chiamati dagli adulti a fare qualcosa che non vorrebbero fare, come ad esempio studiare. Per gli adulti, forse, è invece diventata una sorta di sentenza da applicare alla politica, quando continua a riproporci lo scenario di sempre senza alcuna novità o addirittura speranza. È una frase buffa che ci aiuta a sdrammatizzare, a volte, le miserie della vita, il non-senso del quotidiano.
È possibile che continuare gli studi dopo un triennio di Accademia, prolungarli per altri due anni, potrebbe essere un percorso da liquidare con un perentorio “Uffa, che barba!”. Eppure lo studio ricercato, scelto e voluto, che accresce ulteriormente il nostro bagaglio di conoscenze, può prepararci davvero alla prova del lavoro. Intitolare un biennio “Uffa, che barba!” non vuole essere una provocazione, ma una tematica su cui orientare due anni di studio, confronto e verifiche; due anni dedicati al tema della “barba” declinato in tutte le sue varianti: la noia, certo, ma anche le infinite barbe che popolano i testi teatrali o letterari, le favole, le barbe di personaggi realmente esistiti o quelle dei protagonisti della settima arte. Una frase ironica, quindi, che possa accompagnarci offrendo la possibilità di indagare più linguaggi e più mondi di espressione artistica.
Antonio Latella
Giovanni Ortoleva nasce a Firenze nel 1991.
Laureato in Psicologia Cognitiva presso l’Università di Trento, si diploma in Regia Teatrale presso la Scuola Paolo Grassi di Milano.
Nel 2016 riceve il premio dell’Università di Roma – Tor Vergata per "Quattro paesaggi con figure", un testo sul tentativo del regime nazista di nascondere l’esistenza dei campi di sterminio polacchi. Il testo è stato pubblicato da Progetto Cultura.
Nel 2018 riceve la menzione speciale dalla Biennale di Venezia all’interno del concorso Registi Under 30, ed è invitato due volte a presentarvi i suoi lavori. Nel 2019 vi debutta "Saul" da André Gide (scritto insieme a Riccardo Favaro) e nel 2020 "I rifiuti, la città e la morte" di R. W. Fassbinder, prodotti da Fondazione Teatro della Tosse di Genova.
A Novembre 2021 , sempre prodotto da Fondazione Luzzati Teatro della Tosse , debutta a Genova con "La tragica storia del dottor Faust", liberamente tratto da Christopher Marlowe, con cui chiude una trilogia di lavori sulle figure che si sono ribellate a Dio.
Nella stagione 2022-23 inizia un percorso di ricerca sui miti dell’amore romantico che lo porta a realizzare "Lancillotto e Ginevra" presso il Teatro Metastasio di Prato e "La dodicesima notte (o quello che volete)" di William Shakespeare presso il LAC di Lugano. Sempre nell'estate 2023 viene chiamato a dirigere la produzione di punta della settantesima edizione della Festa del Dramma Popolare di San Miniato, "Dramma industriale", con la drammaturgia di Riccardo Favaro.
Nel 2021 il suo cortometraggio "Autoritratto con arma", con cui debutta nel cinema, viene selezionato dal Torino Film Festival e riceve il Premio Ermanno Olmi.
Il New York Times ha scritto del suo lavoro che "dimostra una promessa e un'immaginazione significative".
Antonio Latella
Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico
Uffa che barba!
Uffa che barba!
#SIneNOmine
Davide Enia
Alessandro Baricco
Antonio Latella