Uffa che barba!
Romeo e Giulietta
Romeo e Giulietta è, prima di essere una storia d’amore, prima di essere il testo della grande poesia o il dramma più noto al pubblico che Shakespeare abbia lasciato, un’opera che parla di desiderio. Tutti i personaggi sono mossi da un desiderio bruciante, quale fondamento del loro rapporto con gli altri e con il mondo esterno, e al tempo stesso ne sono vittime. Protagonista di questo dramma è la nuova generazione, non solo Romeo e Giulietta, ma anche Benvolio, Tebaldo, Rosalina e Mercuzio. Il sistema oppressivo nel quale i ragazzi sono schiacciati è loro estraneo, è il mondo degli adulti; un mondo costruito nel passato, una gabbia che imprigiona sia Montecchi che Capuleti, un sistema limitante e violento che crea nuova violenza, in un ciclo dal quale non è possibile scappare.
L’immagine di un mondo di soli ragazzi, che si confrontano con questioni gigantesche, ha in sé qualcosa di desolante e di liberatorio al tempo stesso. Così il lavoro si trova in una situazione liminale, tra tragedia e commedia, tra l’atto performativo e la poesia della scrittura, tra l’idealizzazione e l’amore. Il rapporto tra la parola e il corpo ha un’estrema importanza nel Romeo e Giulietta. Se all’inizio la parola e la poesia sono le possibilità di esprimersi dei personaggi e determinano una modalità di narrazione dell’amore, in un secondo momento c’è una riscoperta della corporeità che diventa totalizzante. Giulietta dice “Che c’è nel nome? Rinuncia al tuo nome, Romeo, e per il nome, che non è parte di te, prendi me stessa.” La parola è ingannatrice, i sensi invece diventano il modo per entrare in contatto con il mondo e scoprirne così la verità.
Romeo e Giulietta è un tentativo di far vivere il desiderio dei sensi che nello scontrarsi con la realtà si infrange e diventa tragedia. E’ il mondo dei giovani che cercano di trovare una possibilità e un senso all’interno di codici e convenzioni che non gli appartengono. E’ la fiamma di una candela chiusa in un bicchiere che continua a voler bruciare nonostante l’ossigeno stia finendo e che inevitabilmente, come la storia dei ragazzi, finirà per soffocare ma che, fino all’ultimo secondo, illumina e riscalda con la sua passione il mondo intorno.
Paolo Costantini
ROMEO E GIULIETTA
da William Shakespeare
supervisione artistica di Antonio Latella
drammaturgia Linda Dalisi e Paolo Costantini
regia di Paolo Costantini
con Eva Cela, Fabiola Leone, Irene Mantova, Pietro Giannini, Riccardo Rampazzo, Daniele Valdemarin
scene Giuseppe Stellato
luci Simone De Angelis
costumi Graziella Pepe
sound design Riccardo Marsili
movimenti Sandro Maria Campagna
assistente alla regia Fabio Carta
INFORMAZIONI
Lo spettacolo prevede scene di nudo e musica ad alto volume
“Uffa, che barba! Uffa, che noia!”
Con questa frase si concludevano gli episodi di Casa Vianello, la sit-com televisiva che vedeva protagonisti Sandra Mondaini e Raimondo Vianello; dopo una giornata condita da episodi rocamboleschi, equivoci, comici litigi, la coppia si augurava la buonanotte con questa frase pronunciata dalla Mondaini, che diventò quasi uno slogan capace di entrare nel gergo degli italiani. Una frase che ormai associamo naturalmente a qualcosa di noioso, ripetitivo; i ragazzi spesso la utilizzano quando vengono chiamati dagli adulti a fare qualcosa che non vorrebbero fare, come ad esempio studiare. Per gli adulti, forse, è invece diventata una sorta di sentenza da applicare alla politica, quando continua a riproporci lo scenario di sempre senza alcuna novità o addirittura speranza. È una frase buffa che ci aiuta a sdrammatizzare, a volte, le miserie della vita, il non-senso del quotidiano.
È possibile che continuare gli studi dopo un triennio di Accademia, prolungarli per altri due anni, potrebbe essere un percorso da liquidare con un perentorio “Uffa, che barba!”. Eppure lo studio ricercato, scelto e voluto, che accresce ulteriormente il nostro bagaglio di conoscenze, può prepararci davvero alla prova del lavoro. Intitolare un biennio “Uffa, che barba!” non vuole essere una provocazione, ma una tematica su cui orientare due anni di studio, confronto e verifiche; due anni dedicati al tema della “barba” declinato in tutte le sue varianti: la noia, certo, ma anche le infinite barbe che popolano i testi teatrali o letterari, le favole, le barbe di personaggi realmente esistiti o quelle dei protagonisti della settima arte. Una frase ironica, quindi, che possa accompagnarci offrendo la possibilità di indagare più linguaggi e più mondi di espressione artistica.
Antonio Latella
Regista, drammaturgo e pedagogo di fama europea, vive a Berlino dal 2004. Studia recitazione presso la scuola del Teatro Stabile di Torino diretta da Franco Passatore e la Bottega Teatrale di Firenze fondata da Vittorio Gassman. Ma è il lavoro di regista, che inizia nel 1998, a conferirgli fama nazionale ed europea, portando i suoi spettacoli nei massimi teatri e festival internazionali. La sua carriera da regista gli conferisce innumerevoli premi tra cui: nel 2001 il Premio Ubu per il Progetto Shakespeare e oltre; nel 2005 il Premio Nazionale dell’Associazione Critici di Teatro per La cena de le ceneri, miglior spettacolo dell’anno; nel 2007 il Premio Ubu per Studio su Medea miglior spettacolo dell’anno; nel 2012 il Premio Hystrio alla regia; sempre nel 2012 il Premio Ubu per la miglior regia per Un tram che si chiama desiderio; nel 2013 il Premio Ubu per la miglior regia con Francamente me ne infischio; nel 2014 è finalista del Nestroy Prize di Vienna per Die Wohlgesinnten; nel 2015 vince il Premio le Maschere del Teatro per Natale in casa Cupiello; nel 2016 il Premio Ubu per Santa Estasi, miglior spettacolo dell’anno; nel 2019 il Premio Ubu per Aminta; nel 2021 il Premio Ubu per Hamlet, spettacolo dell’anno. È il primo regista di formazione italiana e autore ad essere selezionato per il Theatertreffen del Berliner Festspiele, selezione dei dieci migliori spettacoli di lingua tedesca nel 2020. Nel 2011 fonda la sua compagnia “stabilemobile”. La Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta lo ha nominato direttore del settore Teatro per il quadriennio 2017/2020. Dal 2010 è docente e pedagogo presso le più importanti Scuole di Teatro italiane: Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma, Teatro Stabile di Torino, Piccolo Teatro di Milano, Scuola Civica Paolo Grassi di Milano.
Paolo Costantini, nasce nel 1996 a Roma, frequenta e si diploma nel 2018 come regista all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d’Amico”, presentando Sul lago nero di Dea Loher. In seguito al diploma entra a far parte e lavora dal 2018 nell'Interkulturelles Theaterzentrum Berlin, partner del progetto europeo Fabulamundi. A Berlino è assistente alla regia di diversi spettacoli e mette in scena in lingua tedesca Kratzen di T. Slijvar e Personalien di G. Watkins. Nel frattempo collabora con la compagnia Barletti/Waas su autori come P. Handke e H. Achternbusch, in spettacoli bilingui. Dall’inizio del 2020 segue come assistente alla regia Antonio Latella per vari progetti, tra cui La valle dell'Eden di J. Steinbeck e Hamlet, vincitore del premio Ubu 20/2021 e Circus Don Chisciotte. Nell'estate 2020 è chiamato come assistente alla regia da Franco Visioli, Leone d'oro alla Biennale di Venezia, per Ultima Latet.
Nello stesso anno vince il concorso Registi Under 30 della Biennale di Venezia con Uno Sguardo Estraneo, liberamente ispirato all’opera letteraria di Herta Müller, che debutta poi nel 2021 all’interno del Festival. Nel 2022 inizia una collaborazione con Giacomo Bisordi, dramaturg residente a NTGent, lavorando come assistente alla regia per Peng di M.Von Mayenbourg. Lavora poi come assistente di Linda Dalisi per Bee Riot che debutta al Campania Teatro Festival e con Andrea de Rosa per Edipo Re.
Nell'estate del 2022, Costantini è selezionato insieme ad altri 7 artisti per il progetto "Il Fondo" del Festival di Santarcangelo, volto a sostenere la ricerca artistica. Partecipa durante l’autunno del 2022 al Directors Lab Mediterranean di Beirut, un seminario di regia internazionale tenutosi a Beirut, incontrando registi provenienti da tutto il mondo. Torna nell’inverno nel 2023 a lavorare all’interno del ITZ a Berlino, dove cura la direzione artistica del festival “Hannah Arendt is back!”, nel quale dirige il site specific Landschaft mit Statistikern, sulla base di interviste agli ex dipendenti della casa della statistica della DDR. Nel 2023 Costantini vince il premio “Silvio d’amico alla regia e debutta al Romaeuropa Festival con Ho molto peccato : I. PARLO.
Antonio Latella
Uffa che barba!
Uffa che barba!
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