Ersan Mondtag, Berliner Ensemble
Woyzeck
«Ogni uomo è un abisso, si ha un senso di vertigine quando si guarda in basso». A soli 23 anni Georg Büchner mette questi versi in bocca a Woyzeck, personaggio del dramma incompiuto che è uno dei testi più visionari della letteratura tedesca.
Queste parole sono una perfetta descrizione di come Büchner intendeva l’uomo e della società. Woyzeck, un umile soldato, è al servizio di un capitano come barbiere. Il suo salario non è sufficiente per provvedere alla sua amata Marie e al loro bambino, e per questo si fa assumere come cavia di esperimenti medici, che lo indeboliscono al punto che si perde gradualmente in un mondo di illusioni, che finisce per divorarlo. Nonostante tutti i suoi sforzi per essere una brava persona, Woyzeck alla fine precipita verso l’abisso, intrappolato in una società che non gli offre nulla nella vita.
Il regista e artista visivo Ersan Mondtag, celebre per le sue regie distopiche, reinterpreta Woyzeck con uno sguardo contemporaneo, ambientandolo in un accampamento isolato nella foresta, dove una piccola comunità celebra una mascolinità tossica. Woyzeck diventa vittima di schemi ottusi e patriarcali e la sua lotta per la dignità viene continuamente frustrata da dinamiche di potere disumane.
Originario di Berlino, Mondtag è noto per il suo approccio interdisciplinare che esplora i meccanismi della psiche umana e mette in scena il conflitto tra vittime e carnefici. Nel 2024, insieme all'artista multimediale Yael Bartana, ha progettato il padiglione tedesco della 60ª Biennale d'Arte di Venezia. In carriera ha ricevuto diversi premi, sia per le sue regie che per le sue composizioni scenografiche originali.
di Georg Büchner
regia e scene Ersan Mondtag
assistente alle scene Alexander Naumann
costumi Ari Schruth
musica Tristan Brusch
luci Rainer Casper, Hans Fründt
drammaturgia Clara Topic-Matutin
Woyzeck Maximilian Diehle
Tamburmaggiore Max Gindorff
Andres Gabriel Schneider
Marie Gerrit Jansen
Dottore Marc Oliver Schulze
Capitano Martin Rentzsch
Matto / Infermiere Peter Luppa
Bambino Robert Carstensen
musica eseguita live da Fabian Adams, Paul-Jakob Dinkelacker, Max Kraft, Jan Landowski, Felix Römer, Felix Weigt
produzione Berliner Ensemble
in coproduzione con lo Scharoun Theater Wolfsburg
con il patrocinio dell'Ambasciata della Repubblica Federale di Germania
prima italiana
INFORMAZIONI
Spettacolo in lingua tedesca con sopratitoli in italiano e inglese a cura di Prescott Studio, Firenze.
Nello spettacolo sono presenti scene di violenza e nudo parziale.
Si avvisa che le date e gli orari potranno subire variazioni.
Per aggiornamenti consultare il sito www.festivaldispoleto.com
Testo di Clara Topic-Matutin
drammaturga dello spettacolo Woyzeck
Il 2 giugno 1821, Johann Christian Woyzeck pugnalò a morte la sua amante, la vedova Woost. Arrestato, fu condannato all'esecuzione mediante spada. “Il crimine è scaturito da una combinazione di disoccupazione, fame, umiliazione di ogni genere, odio e gelosia”, osservò lo studioso di letteratura Hans Mayer. Il caso suscitò un acceso dibattito nella società dell'epoca, sollevando interrogativi sulla predisposizione di Woyzeck e sulle condizioni individuali e sociali che potrebbero aver influenzato la sua capacità di intendere e di volere al momento del delitto. Questo episodio ispirò Georg Büchner nella stesura dei frammenti del suo Woyzeck.
Büchner, oltre a esplorare le disuguaglianze sociali del suo tempo (il primo frammento dell'opera venne scritto a Strasburgo nel 1836), era particolarmente interessato a raccontare un dramma amoroso in condizioni di povertà. In altre parole, le circostanze sociali, fisiche e psicologiche che portano Woyzeck ad assassinare Marie.
Il regista Ersan Mondtag offre una rilettura di Woyzeck con un cast interamente maschile, ambientando la vicenda in una piccola comunità immersa nella foresta. Isolati nella natura, i protagonisti celebrano la propria mascolinità, creando una realtà autonoma. La violenza insita nell'ordine patriarcale prende il sopravvento in questo microcosmo chiuso, dove la solitudine e la ristrettezza degli spazi favoriscono dinamiche oppressive e tossiche. In questo contesto, Woyzeck diventa vittima di schemi brutali e soffocanti.
Il momento liberatorio della riconciliazione
Tre domande al regista Ersan Mondtag
Perché Woyzeck? Qual è stato il suo primo pensiero quando le è stato proposto questo testo?
Quando Oliver Reese, direttore del Berliner Ensemble, mi ha chiesto se volessi mettere in scena Büchner, ho avuto subito un'immagine in mente, sebbene inizialmente non riuscissi a definirla con chiarezza. Tuttavia, il processo di elaborazione di questa immagine è stato così intenso che ho dovuto portarlo avanti. Ho quindi tradotto la prima idea in uno spazio (scenico), molto diverso dai miei lavori precedenti, ma in realtà riconducibile a un tema che avevo già affrontato: una foresta oscura, in cui una comunità, ermeticamente chiusa al mondo esterno, eppure interdipendente al suo interno, si dissolve lentamente secondo una gerarchia sottilmente distruttiva.
Nel lavorare a Woyzeck, sono stato mosso dal bisogno di un momento liberatorio di riconciliazione. Oggi più che mai, però, questo momento appare irraggiungibile. Sento scivolare via la speranza e la capacità di immaginare un cammino verso una riconciliazione autentica. Stiamo disimparando a perdonarci, a comprenderci, a sostenerci a vicenda. Mi sembra che il centro attorno al quale tutto ruota sempre più velocemente stia venendo divorato dalla stessa accelerazione. E il destino di un sistema privo di un nucleo mi risulta inimmaginabile. L'incapacità di concepire una riconciliazione è agghiacciante, genera paure ancestrali e alimenta il mio pessimismo. Ho cercato di mettere proprio questo sentimento al centro del mio lavoro.
Quale aspetto della figura di Woyzeck e della sua storia la interessa particolarmente?
Da sempre mi affascina il rapporto tra la colpa individuale e la responsabilità collettiva. Mi interroga la dinamica che porta un individuo a compiere un gesto estremo e la possibilità che, dietro un crimine, si celi una violenza repressa. Ho esplorato questi temi in Antigone, Edipo e nell'Orestea. Il pensiero esistenzialista di Jean-Paul Sartre, in particolare A porte chiuse, mi è sempre stato vicino. Mi chiedo dove si collochi la responsabilità individuale e dove quella collettiva.
Con Woyzeck, Büchner ci pone davanti a una questione scomoda: comprendere il gesto di un singolo individuo nella sua tragica necessità, all'interno di una dinamica sociale più ampia. Oggi, questa riflessione è più attuale che mai, poiché tendiamo a giudicare rapidamente ciò che è in realtà frutto di meccanismi complessi. L'indignazione per un crimine individuale spesso ci impedisce di analizzarne le radici più profonde. Tuttavia, alla fine, muore una persona: una donna. E resisto all'idea di ridurre Marie al ruolo di semplice vittima. Questo conflitto interiore mi sfida e, in un certo senso, mi spaventa. Ma proprio queste paure mi interessano. Una risposta definitiva non ce l'ho. E forse sarebbe comunque sbagliata.
Perché una messa in scena con un cast esclusivamente maschile?
Vedo in questa scelta un tentativo di rendere più evidente la dimensione della violenza sociale, rifiutando una lettura binaria del fenomeno. Non so se questa soluzione sia efficace o se possa addirittura costituire una relativizzazione.
Quattro domande al musicista Tristan Brusch
Come è nata la collaborazione con Ersan Mondtag?
Circa un anno e mezzo fa, Ersan Mondtag mi ha scritto su Instagram. All'epoca la piattaforma aveva introdotto una funzione che separava i messaggi in arrivo dallo spam, e ovviamente il suo messaggio è finito lì. Non l'ho visto per settimane. Quando finalmente l'ho letto, sono rimasto incuriosito. Ricevo spesso messaggi del tipo: “Ehi, prendiamo un caffè?”, che di solito ignoro. Ma il suo era così sicuro e disinvolto che ho cliccato sul suo profilo e ho capito che poteva nascere qualcosa di interessante. Desideravo da tempo lavorare nel teatro, ma non sapevo come muovermi. Quella proposta arrivava al momento giusto. Quando poi ci siamo incontrati, mi ha subito conquistato.
Come si è avvicinato all’opera e alla figura di Woyzeck?
Nel periodo in cui Mondtag mi ha contattato, stavo per caso lavorando a un album che ho poi intitolato Am Wahn. Raccontava, in fondo, storie molto simili a quelle di Woyzeck: una storia d’amore tormentata, una lenta discesa nella follia, le condizioni esterne che la favoriscono. Le domande sollevate nell’opera risuonavano anche nei miei testi. Si parlava di gelosia, di allucinazioni, persino di un omicidio con un coltello. Insomma, emotivamente ero già immerso in quell’universo. Comporre la musica per Woyzeck ha significato solo fare qualche passo in più in quella stessa direzione. In un certo senso è stato persino più semplice per me: sentivo di poter creare liberamente, senza la pressione di piacere a tutti, come accade nel mercato del pop. Scrivere la musica per Woyzeck mi ha entusiasmato e liberato profondamente.
Come ha composto la band per Woyzeck?
Dal momento che l’opera è ambientata in un contesto militare, inizialmente avevo pensato a una formazione esclusivamente di ottoni. Volevo uscire dalla mia comfort zone e comporre solo per strumenti a fiato. Il problema era che conoscevo pochissimi musicisti in quell’ambito, a parte Damian Dalla Torre, che suona il clarinetto basso anche nella mia band e sul quale potevo contare totalmente.
Parlandone con altri colleghi, ho capito che limitarmi solo ai fiati sarebbe stato troppo restrittivo, anche perché lo spettacolo si sarebbe rivelato molto più canoro del previsto: ci sono molte canzoni, e una banda di soli fiati non sarebbe bastata. Alla fine, ho optato per un ensemble più classico, con una sezione ritmica, e ho chiamato musicisti con cui lavoro da anni, molti dei quali sono presenti anche nei miei album. Come il contrabbassista Felix Weigt, con grande esperienza in ambito teatrale, o il batterista Paul Jacob. Per me era fondamentale che ognuno avesse una sensibilità musicale spiccata. Certo, la richiesta di includere esclusivamente uomini ha ristretto parecchio le possibilità. Laddove non avevo contatti diretti – ad esempio per il trombone – ho potuto comunque affidarmi all’esperienza e ai suggerimenti di Damian.
Se dovesse scegliere una tonalità per rappresentare Woyzeck, quale sarebbe?
Do minore.
Nato a Berlino nel 1987, Ersan Mondtag lavora nei settori del teatro, della musica, della performance e dell'installazione. Le sue opere sono state presentate in numerosi palcoscenici internazionali, tra cui il Berliner Ensemble, le Münchner Kammerspiele, il Schauspiel Köln, il Thalia Hamburg, la Deutsche Oper Berlin, il Schauspiel Gent, la Staatsoper Hannover, e più recentemente al NT Gent, all'Antwerp Opera, a Lorena, Cracovia, Istanbul, Roma e Belgrado. Nel 2024, ha collaborato con l’artista multimediale Yael Bartana per progettare il padiglione tedesco alla 60ª Biennale d'Arte di Venezia. Nel corso della sua carriera, ha ricevuto numerosi premi per la sua regia e per le sue scenografie originali. Tra i riconoscimenti più significativi figurano il titolo di Giovane regista, scenografo e costumista dell'anno (Theater heute) nel 2016 per Tyrannis, il premio come Scenografo e costumista dell'anno nel 2017 per Die Vernichtung, e nel 2019 il 3sat Prize per Das Internat. I suoi successi più recenti includono il Premio Oper! come Miglior scenografo per Der Schmied von Gent, il titolo di Scenografo dell'anno nel sondaggio dei critici di Deutsche Bühne nel 2022, e il premio per la Miglior Produzione Operistica Europea ai Premi della Critica Francese per Der Silbersee.
Nato a Berlino nel 1997, Maximilian Diehle ha iniziato la sua carriera presso il P14 Youth Theater della Volksbühne am Rosa-Luxemburg-Platz. Dal 2018 al 2022, ha studiato recitazione presso l’Universität der Künste Berlin. Durante il suo percorso accademico, ha avuto l'opportunità di esibirsi come ospite presso la Schaubühne am Lehniner Platz, sotto la direzione di Herbert Fritsch, e al Deutsches Theater Berlin, sotto la guida di Jessica Glause e Robert Lehniger. Dalla stagione 2022/23, è membro stabile del Berliner Ensemble.
Nato nel 1994 in Lussemburgo, Max Gindorff ha iniziato il suo percorso artistico presso il Max Reinhardt Seminar di Vienna. Durante gli studi, ha calcato i palcoscenici del Schauspielhaus e del Volkstheater Vienna, tra gli altri. Dopo un anno come membro dell’ensemble del Residenztheater di Monaco, nel 2019 si è trasferito al Burgtheater di Vienna, dove continua ad apparire come ospite. Il suo debutto al Berliner Ensemble è avvenuto con The Writer di Ella Hickson, per la regia di Fritzi Wartenberg. Dalla stagione 2023/2024 è entrato a far parte stabilmente del Berliner Ensemble.
Nato nel 1993 a Neunkirchen, Saarland, Gabriel Schneider ha completato gli studi presso la Hochschule für Schauspielkunst Ernst Busch di Berlino, diplomandosi nel 2015. In seguito, ha intrapreso una carriera che lo ha visto impegnato in importanti teatri, tra cui la Volksbühne am Rosa-Luxemburg-Platz e il Kampnagel di Amburgo. Dal 2016 al 2021, è stato membro stabile del Konzert Theater Bern, dove ha interpretato ruoli di rilievo come Ulrich in The Man Without Qualities e Adenoid Hynkel in The Great Dictator di Charlie Chaplin. Dal 2021, è tornato a Berlino, dove ha fatto apparizioni come ospite al Hessisches Staatstheater Wiesbaden, al Berliner Ensemble, al Renaissancetheater Berlin e al Theater Basel. Dal 2023/2024, è membro stabile del Berliner Ensemble.
Dopo gli studi presso il Max Reinhardt Seminar di Vienna, dove ha iniziato la sua carriera, Gerrit Jansen ha ottenuto un ingaggio al Burgtheater di Vienna, dove è stato membro dell’ensemble fino al 2012. Nel 2009, ha ricevuto il prestigioso Nestroy Theater Prize della Città di Vienna, riconoscimento che ha consolidato la sua reputazione artistica. A partire dalla stagione 2013/14, ha proseguito la sua carriera allo Schauspiel Köln. Nel corso degli anni ha collaborato con artisti di spicco come Klaus Maria Brandauer, Claus Peymann, Andrea Breth, Martin Wuttke, Stefan Bachmann e Robert Borgmann. Dal 2017/18 è parte integrante del Berliner Ensemble.
Ha studiato alla Otto Falckenberg School di Monaco. Dopo il suo primo ingaggio ai Münchner Kammerspiele nel 2000, ha proseguito la carriera al Residenztheater di Monaco e al Schauspielhaus Bochum, fino a quando Oliver Reese lo ha portato a Francoforte nel 2009. Ha collaborato con registi di prestigio come Dieter Dorn, Thomas Langhoff, Jan Bosse, Michael Thalheimer, Andreas Kriegenburg, Stefan Pucher e Falk Richter. Dal 2013 ha lavorato come artista freelance, affiancando al teatro esperienze in televisione e come speaker. Dalla stagione 2019/20 è membro del Berliner Ensemble.
Dopo gli studi presso la Folkwang University of the Arts di Essen, il suo primo ingaggio lo ha portato al Thalia Theater di Amburgo, dove ha collaborato con registi del calibro di Karin Henkel e Jürgen Flimm. A partire dal 2000, è stato membro stabile del Schauspielhaus Bochum, lavorando con Elmar Goerden e Wilfried Minks. Nel 2008 ha ricevuto il Bochum Theater Prize, riconoscimento alla sua eccellenza artistica. Dalla stagione 2009/10 fa parte dell’ensemble dello Schauspiel Frankfurt, mentre dal 2017/18 è membro del Berliner Ensemble.
I suoi primi ruoli da attore lo hanno visto sul palco dello Staatstheater Karlsruhe in Liliom. Dal 1986 ha collaborato con Franz Xaver Kroetz, trasferendosi poi al Bayerisches Staatsschauspiel di Monaco, dove ha interpretato il nano nella prima mondiale di Der Nusser accanto a Sepp Bierbichler. Successivamente, ha vestito i panni dello gnomo Steißbart in Der tote Tag, diretto da Wolf Redel al Schauspielhaus Bochum. Da allora, ha calcato le scene dei più importanti teatri di Stoccarda, Bochum, Augusta, Amburgo, Monaco, Dresda e Ulm, oltre a esibirsi al Schauspielhaus Zürich, al Burgtheater di Vienna e al Festival di Salisburgo. Da molti anni è membro stabile del Berliner Ensemble.
Alessandro Baricco, Stefano Bollani, Enrico Rava
William Kentridge
Sonia Wieder–Atherton & Clément Cogitore