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68

Budapest Festival Orchestra, Iván Fischer

Concerto finale

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Piazza Duomo
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Sunday
13
July
2025
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Durata 60 minuti
Musica

Concerto finale

Sinossi

In questi anni abbiamo imparato a riconoscere la versatilità e la qualità esecutiva della Budapest Festival Orchestra con il suo direttore Iván Fisher in un ampio repertorio di generi – sinfonico-operistico, cameristico e folkorico – e di stili, dal barocco alla musica contemporanea. Le loro performance hanno sempre superato lo standard esecutivo che fanno a ben ragione ritenere l’orchestra tra le più prestigiose al mondo. Se c’è un autore a cui questa compagine è legata come interprete di riferimento questi è sicuramente Gustav Mahler, di cui ha registrato per Channel Classics tutte le sinfonie con un’ipnotica cura del dettaglio che rivela bellezze inattese, merito degli abilissimi musicisti della BFO e della visionarietà del loro direttore musicale.

E così, per il tradizionale Concerto finale in Piazza Duomo, la Budapest Festival Orchestra torna a Spoleto “nella formazione più numerosa possibile”, per eseguire la Quinta Sinfonia.

Mahler la scrisse nel momento più felice della sua vita, mentre viveva a pieno il suo amore per Alma. Come per le altre sinfonie anch’essa doveva contenere tutto l’universo. E l’universo della Quinta si fa più ampio: l’organico strumentale è imponente, l’orizzonte si allarga, il viaggio si fa più lungo (oltre un’ora). Come un messaggio d’amore per sua moglie Alma è il dolcissimo quarto movimento, il celebre Adagietto, probabilmente il brano di Mahler più conosciuto ed eseguito di sempre. Per tutto il Novecento e fino ad oggi è apparso nelle più diverse occasioni: nel finale di Morte a Venezia di Luchino Visconti nel 1971, diretto da Leonard Bernstein per i funerali di Robert Kennedy nel 1968, più recentemente è stato sul “leggio” di Cate Blanchett per il film candidato agli Oscar nel 2023 Tár.

La Quinta fa parte di quei capolavori che ogni musicista affronta con passione religiosa, come se dovesse fare attenzione a non mandare in pezzi qualcosa di estremamente prezioso.

Direttore d’orchestra, compositore, regista d’opera, pensatore ed educatore, Iván Fischer è considerato uno dei musicisti più visionari del nostro tempo. Fondatore della Budapest Festival Orchestra, ha sempre posto la musica al centro della sua ricerca, innovando i formati di concerto e ridefinendo la struttura e i metodi di lavoro dell’orchestra sinfonica.

Crediti

Programma

Budapest Festival Orchestra
Iván Fischer
, direttore

Gustav Mahler

Sinfonia n. 5 in do diesis minore

Trauermarsch. In gemessenem Schritt. Streng. Wie ein Kondukt

(Marcia funebre, Con andatura misurata, Severamente,

Come un corteo funebre)

Stürmisch bewegt. Mit größter Vehemenz

(Tempestosamente mosso, Con la massima veemenza)

Scherzo. Kräftig, nicht zu schnell (Vigoroso, non troppo presto)

Adagietto. Sehr langsam (Molto lento)

Rondo-Finale. Allegro. Allegro giocoso. Frisch(Brioso)

produzione Spoleto Festival dei Due Mondi, Budapest Festival Orchestra

INFORMAZIONI
Si avvisa che le date e gli orari potranno subire variazioni.
Per aggiornamenti consultare il sito www.festivaldispoleto.com

La Quinta è la Sinfonia che accoglie il celeberrimo Adagietto, un brano noto per la sua estrema, rarefatta, semplicità; ma la sua cifra precipua è la svettante maestria costruttiva esibita dal compositore negli altri movimenti e la complessità polifonica della scrittura. Come si spiega questa contraddizione? Cosa collega la trasparenza dell’Adagietto con l’ardito intreccio contrappuntistico dello Scherzo o del Rondò finale? Nell’estate 1901, quando Mahler inizia a scriverla, si assiste a un’importante svolta stilistica. Il compositore parlerà successivamente, a proposito di quegli anni, dell’elaborazione di “ein ganz neuer Stil”, uno stile completamente nuovo.

“Uno stile completamente nuovo”

Con la composizione della Quarta si conclude infatti la stagione delle Wunderhorn-Symphonien, la Seconda, Terza e Quarta, tutte caratterizzate dalla presenza di inserti e citazioni liederistiche dalla raccolta mahleriana su testi del Corno magico del fanciullo, di cui proprio nel 1901 Mahler scriverà l’ultimo brano, Der Tamboursg’ sell. Il cantiere del “nuovo stile” è di nuovo liederistico: Mahler, con quel processo di identificazione stilistico-letteraria che è tutto suo, abbraccia ora il mondo poetico di Friedrich Rückert (1788-1866) e lo traduce in un idioma sonoro basato sulla rarefazione, la limpidezza, il nitore dei contorni strumentali. È, in particolare, la nuova tecnica di strumentazione, a dare l’impronta: invece della densa trama sinfonica, talvolta immaginifica, caratteristica dei Wunderhorn e delle prime quattro Sinfonie, Mahler si concentra su una scrittura di timbri puri, isolati, individuati senza raddoppi delle parti; magari meno idiomatica della precedente, ma penetrante come in un disegno inchiostrato con matite affilate. Questa nuova predisposizione timbrica e coloristica non va dunque intesa “impressionisticamente”, avverte Ugo Duse. Essa è funzionale alla chiarezza di un nuovo ordito contrappuntistico e polifonico che nei Lieder è presente in trasparenza, ma che nelle Sinfonie costruisce magnifiche e intricate cattedrali sonore: nel 1901 Mahler lo sperimenta nei primi tre Kindertotenlieder, i “canti dei bambini morti” di Rückert, e nei primi sette canti sparsi su versi dello stesso poeta tedesco, oltre che nella Quinta Sinfonia: il compositore – vista la novità – dovette revisionarla due volte, prima nel 1904, poi nel 1911. La presenza del Lied nel nuovo mondo sinfonico inaugurato dalla Quinta è evidente nelle citazioni e allusioni esclusivamente musicali, senza parole, ai canti di Rückert. L’Adagietto, che ha la struttura e la strumentazione di un Lied ohne Worte (solo archi e arpa) ne è il prototipo, ma altri riferimenti sono presenti pure nei tempi più strutturati e complessi. Se Quinta, Sesta e Settima sono state definite “Sinfonie senza canto” (a differenza delle Wunderhorn-Symphonien), il rapporto tra mondo sinfonico e liederistico è comunque ancora fecondo.

Architettura e narrazione

Semplicità, candore e complessità convivono nel nuovo stile mahleriano. Ma qual è l’architettura della Sinfonia? Mahler sperimenta soluzioni sempre nuove, che hanno ricadute “narrative”. Era fedele alla tradizione sinfonica nella misura in cui ne perpetuava gli archetipi formali (l’Allegro, l’Adagio o Andante, lo Scherzo, il Finale), senza aderire alle sirene del poema sinfonico; ma il suo non era un atto di fede nei confronti della “musica assoluta”: i “programmi interiori” anche quando non dichiarati (come nel caso della Quinta) sono percorsi narrativi ipotetici, ma plausibili, basati su disposizioni formali che assomigliano ai capitoli di un romanzo. L’architettura della Quinta, in particolare, presenta cinque tempi ma è tripartita, e pone al centro il terzo movimento, lo Scherzo, il più lungo dell’intera produzione sinfonica mahleriana. Prima e dopo lo Scherzo si susseguono due parti costituite da coppie di movimenti collegati tra loro, entrambe nella successione lento-veloce: il primo movimento, la Marcia funebre, è da intendersi come introduzione rispetto al secondo, Allegro tempestoso: i due tempi costituiscono una “prima parte” caratterizzata dalla presenza di temi in comune e di continui ritorni tematici; l’Adagietto è invece la premessa dell’ultimo tempo, prepara cioè il Rondò finale: insieme costituiscono la terza parte. Prima e dopo lo Scherzo ci sono pause più lunghe: come nei romanzi quando i capitoli iniziano con “molti anni dopo”.

Se l’architettura converge al centro, il percorso narrativo è invece lineare: il sipario si alza su un corteo funebre, inizia con una sconfitta, ribadita dal tempestoso Allegro; lo Scherzo centrale procede invece a ritroso verso la vita, è contrastato come un chiaroscuro e allude (secondo Specht e Adorno) alla goethiana cavalcata inarrestabile del mondo, spinta dall’inesorabilità del tempo; ma l’Adagietto, una “dichiarazione d’amore per Alma” secondo l’apostolo mahleriano Willem Mengelberg, funge da svolta e il Rondò-finale, con la sua voracità costruttiva, propone un messaggio affermativo incentrato sul valore dell’operosità (a cui allude la fitta trama contrappuntistica).

Bruno Walter sostiene che la Quinta sia “solo musica”: «non si inserisce, nel suo sviluppo puramente musicale, neppur lontanamente un qualche problema metafisico». Eppure il decorso “dall’oscurità alla speranza” ha una sua evidenza. Non è un caso che Mahler abbia composto i due primi movimenti, i più funerei e tragici, nell’estate del 1901, quando confessò di aver iniziato a pensare per la prima volta alla morte (in quelle settimane compose oltre ai mesti Lieder citati anche i mortuari Revelge e Um Mitternach); e che invece scrisse lo screziato Adagietto nei mesi successivi, dopo aver conosciuto Alma, che avrebbe sposato nel 1902, a inizio di una nuova vita.

La prima parte

Scendendo più nel dettaglio, occorrerà ascoltare i primi due movimenti come un’unica sezione popolata dagli stessi “personaggi”: il caso più eclatante è dato dal secondo trio della Marcia funebre, un soggetto danzante e “pulsante” ai violini, che ricompare come secondo tema dell’Allegro tempestoso. Ma molti spunti tematici del primo tempo ritornano nel secondo, come se fossero i protagonisti di un romanzo che attraversano diversi stati emotivi (e con essi lo stesso narratore che talvolta vi si identifica). Altre volte nuove idee derivano da motivi apparsi precedentemente in secondo piano (Adorno ha paragonato questa tecnica a quella del romanziere che porta in primo piano un personaggio prima lasciato nell’ombra).

La Marcia funebre inizia con una fanfara alla tromba; attacca poi un dolente corteo funebre, con echi di Der Tambourg’ sell. Questo blocco, che verrà riproposto con diverse varianti, ovvero in diversi “stati psichici” (si veda la trasformazione del tema in maggiore, di desolante dolcezza, derivata dal primo dei Kindertotenlieder), si alterna con due trii. Il primo è come una lacerazione squarciante: invece della rimembranza, tipica delle sezioni centrali di tante marce funebri, «gesticola e leva un urlo di terrore come se fosse di fronte a qualcosa di peggiore della morte», ha scritto Adorno. Il secondo trio, dopo la ripresa della marcia, ha invece come già detto un carattere danzante, inquieto, “pulsante”.

L’Allegro tempestoso alterna un primo gruppo tematico dal piglio convulso e concitato al tema “pulsante” ripreso dal primo tempo, con un vistoso rallentamento. L’inconciliabilità tra i due momenti, nell’ambito di un’intricata trama di rimandi e reminiscenze – anche dalla Marcia funebre –, sfocia in un luminoso corale: uno stato di esaltazione che si rivela presto effimero e illusorio.

Lo Scherzo

L’evento musicale su cui concentrarsi nell’ascolto dello Scherzo, “perno” dell’architettura e brano eccezionalmente lungo per la normalità dei movimenti ispirati a Ländler e Walzer, è l’irruzione di un episodio trasognato in cui è protagonista il corno solista e che ricorda l’assolo della cornetta da postiglione nello Scherzo della Terza. Citazione? Reminiscenza? Autobiografia? Più che la definizione conta il modo in cui Mahler la lascia affiorare, progressivamente, come da un angolo remoto della memoria. Il contrasto con il tema principale dello Scherzo, dal piglio franco e quasi sfacciato, e con il tema secondario, dal carattere più esitante di valzer viennese, non potrebbe essere più marcato. L’intera forma viene poi ripetuta due volte con varie omissioni, all’insegna di uno slancio vitale che tenta di affermarsi ma trova ostacoli: un «caos che continua eternamente a partorire un mondo che dura per un istante per tornar subito a dissolversi», scrisse Mahler, alludendo a un malessere che la prima critica mahleriana, parlando di “ottimismo”, aveva frainteso.

La terza parte

Con l’Adagietto inizia la terza sezione della sinfonia: nell’economia generale è una sorta di interludio che prepara il Rondò-finale. In realtà, come abbiamo visto, riveste anche la funziona di svolta espressiva. Non solo ha la scrittura di un Lied senza parole, ma manifesta un’affinità precisa con Ich bin der Welt abhanden gekommen (Sono ormai perduto al mondo), su testo di Rückert, composto nel 1901, segnatamente nella sezione in cui il poeta dice di “essere morto al frastuono del mondo”. Ma vi sono anche inconfessate allusioni tristaniane (e con il secondo dei Kindertotenlieder), con tutta evidenza legate alla supposta dedica ad Alma. La semplice forma ternaria (ABA), statica dal punto tonale e tematico, è quasi provocatoria rispetto al Weltgetümmel, al tumulto del mondo che precede e segue.

Dopo un frammentario e divagante assommarsi di idee e autocitazioni, il Rondò-Finale presenta il refrain affidato ai corni, al quale si alterna il tema cantabile (derivato dall’Adagietto: ancora una connessione tra movimenti contigui!) ma soprattutto una serie di episodi fugati, di notevole complessità, fino alla comparsa, nella coda, di un tema con carattere di corale, subito “desacralizzato” cioè assorbito nella dimensione spiccatamente ritmica del movimento e dalla sua incessante energia creatrice.

Testo di Andrea Estero

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Date & Biglietti

Biglietti: da 40€ a 140€
INFO BIGLIETTERIA
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Biografie

Budapest Festival Orchestra

Iván Fischer ha fondato la Budapest Festival Orchestra nel 1983 insieme a Zoltán Kocsis. Grazie al suo approccio innovativo alla musica e alla dedizione assoluta dei suoi musicisti, la BFO è diventata la più giovane orchestra sinfonica a entrare nella prestigiosa classifica delle dieci migliori al mondo. Oggi l’ensemble è protagonista sia nei più importanti teatri internazionali che sulle principali piattaforme di streaming. La BFO è stata insignita per tre volte di un riconoscimento dalla prestigiosa rivista britannica Gramophone: nel 1998 e nel 2007 per la migliore registrazione, mentre nel 2022 è stata nominata Orchestra dell’Anno. I più grandi successi della BFO sono legati a Mahler: la registrazione della Sinfonia n. 1 ha ricevuto una nomination ai Grammy Awards nel 2013. L’orchestra è rinomata anche per le sue iniziative concertistiche particolarmente innovative. Tra queste spiccano i Cocoa Concerts pensati per un pubblico con autismo, i Surprise Concerts, le esibizioni di Midnight Music, i concerti gratuiti all’aperto a Budapest e le Community Weeks, ognuna con una propria unicità. Un’altra particolarità della BFO è che i suoi musicisti si trasformano spesso in coro durante le esibizioni. Ogni anno, la BFO mette in scena una produzione operistica sotto la direzione musicale e scenica di Iván Fischer. Questi spettacoli sono stati ospitati da prestigiosi festival internazionali come il Mostly Mozart Festival, il Festival dei Due Mondi di Spoleto, l’Edinburgh International Festival e l’Elbphilharmonie di Amburgo. Nel 2013, Le nozze di Figaro è stato inserito dal New York Magazine al primo posto tra gli eventi di musica classica dell’anno. Nel 2018, Iván Fischer ha fondato il Vicenza Opera Festival, inaugurato con grande successo presso il Teatro Olimpico.

Iván Fischer

Iván Fischer is the founder and Music Director of the Budapest Festival Orchestra. He is an honorary conductor of Berlin’s Konzerthaus and Konzerthausorchester. In recent years he has also gained a reputation as a composer, he has directed a number of successful opera productions, and, in 2018, founded the Vicenza Opera Festival. The Berlin Philharmonic have played more than ten times under Fischer’s baton, and he also spends two weeks every year with Amsterdam’s Royal Concertgebouw Orchestra. He is a frequent guest of the leading symphony orchestras in the US as well. As Music Director, he has led the Kent Opera and the Opéra National de Lyon, and was Principal Conductor of the National Symphony Orchestra in Washington, D.C. Many of his recordings have been awarded prestigious international prizes. Fischer is a founder of the Hungarian Mahler Society and Patron of the British Kodály Academy, and is an honorary citizen of Budapest. Iván Fischer has received many prestigious Hungarian and international awards and prizes, just a few examples: the government of the French Republic made him Chevalier des Arts et des Lettres, proclaiming him a Knight of the Order of Art and Literature, in 2006, he was honoured with the Kossuth Prize, Hungary’s most prestigious arts award, in 2011, he received the Royal Philharmonic Society Music Award, Hungary’s Prima Primissima Prize and the Dutch Ovatie Prize. In 2013, he was granted Honorary Membership to the Royal Academy of Music in London.

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