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68

Sydney Dance Company, Rafael Bonachela

Impermanence

Biglietti: da 45€ a 55€
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Teatro Romano
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28
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2025
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Durata 60 minuti
Danza

Impermanence

Sinossi

Quando ci scompare davanti agli occhi, la bellezza appare ancora più vivida. Come il lussureggiante bush australiano, minacciato ogni estate dagli incendi, o le guglie di Notre-Dame, che tutti ricordiamo avvolti dalle fiamme. A queste immagini si è ispirato Bryce Dessner per le musiche originali di Impermanence, spettacolo della Sydney Dance Company, simbolo d’eccellenza nella danza contemporanea diretto da Rafael Bonachela.

La musica di Bryce Dessner – vincitore di un Grammy Award, noto per il suo sound ricercato, per le colonne sonore di celebri film (The Revenant e The Two Popes) e soprattutto per essere membro della rock band The National – è eseguita dal vivo dal Quatuor Zaïde String Quartet insieme a brani dall’album Another World di Anohni (aka Anthony and the Johnsons).

La coreografia ideata da Rafael Bonachela è un’esplorazione viscerale delle possibili combinazioni tra bellezza e devastazione: un’esperienza epica e immersiva, dal forte impatto emotivo.

Da sempre la Sydney Dance Company si distingue per il respiro internazionale delle sue collaborazioni. L’arrivo di Bonachela, nato a La Garriga e formatosi alla prestigiosa compagnia Rambert di Londra, nel 2008 ha portato una profonda trasformazione, inaugurando una nuova era nella danza contemporanea australiana.

Crediti

Programma

coreografia Rafael Bonachela

musica composta da Bryce Dessner
co-commissionata e registrata dall'Australian String Quartet
eseguita dal vivo da Quatuor Zaïde
brani musicali da Another World di Anohni

luci Damien Cooper
scene David Fleischer
costumi Aleisa Jelbart

Quatuor Zaïde
primo violino Charlotte Maclet
secondo violino Leslie Boulin Raulet
viola Céline Tison
violoncello Juliette Salmona

prima italiana

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INFORMAZIONI

I possessori di uno o più biglietti per gli spettacoli in scena al Teatro Romano potranno ritirare un numero corrispondente di biglietti per l’accesso gratuito al Museo archeologico nazionale e Teatro romano di Spoleto presso:


• Festival Box Office & Merchandising via Saffi, 12 - aperto tutti i giorni con orario 10-13/15-18, dal 23 giugno ore 10-18, dal 28 giugno ore 10-19
• Festival Box Office Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti via Vaita Sant’Andrea, 12 - aperto dal 27 giugno al 13 luglio 2025 con orario 10-13/14 –19 (lunedì chiuso)
• Biglietterie dei teatri aperte a partire da un’ora prima l’inizio degli spettacoli

Si avvisa che le date e gli orari potranno subire variazioni.
Per aggiornamenti consultare il sito www.festivaldispoleto.com

IMPERMANENCE, IL VALORE DELLA FRAGILITÀ
di Marinella Guatterini

Se per puro caso, o istigazione dovuta a questo evento spoletino di danza, ci si imbattesse in Essere fragili. Riflessioni sulla vulnerabilità di Joan-Charles Mèlich, credo si farebbe un gran favore a Rafael Bonachela, il coreografo catalano di Impermanence, ma anche a noi stessi, gli spettatori. Il breve testo del filosofo spagnolo, pubblicato dal Saggiatore nel 2024, afferma che nel momento in cui accettiamo il dolore, le malattie e le cicatrici del nostro corpo siamo di fronte a un bivio: negare la potenza dell’imperfezione, oppure considerarla un’occasione per dare valore etico alla vita che stiamo vivendo nell’hic et nunc, e persino auspicarne la rinascita.
Impermanence (impermanenza o precarietà), al debutto australiano nel 2021, accoglie, profetizzandole, le riflessioni di Mèlich e sceglie la seconda soluzione. Per la Sidney Dance Company la coreografia, ora al debutto assoluto in Italia, è stata a lungo manifesto del post-Covid 19 e successivamente, nella ripresa del 2024, delle devastazioni boschive nella zona circostante Sidney dovute ad incendi, tuttora frequenti e pericolosi per flora, fauna selvatica e umanità, ma anche dell’incendio improvviso di Notre Dame, a Parigi.
Con questa creazione, Bonachela, il coreografo nato a La Garriga, non lontano da Barcellona, nel 1972, e la cui frase preferita è “la danza è un linguaggio universale che può unire chiunque”, ha fatto breccia nel cuore del pubblico ma anche delle maestranze politiche della città in cui risiede da ormai 17 anni. L’artista ha colpito tutti per la sua sensibilità e per come ha incoraggiato una ricerca ballettistica che, per quanto forgiata apparentemente al più terso formalismo, vi ha inscritto sottotraccia un accorato pensiero sulla vita e sull’importanza, non così scontata – in tempi di muscoli esposti e democrazie in bilico – sull’importanza della fragilità della vita, o meglio della sua accettazione.
Ma chi è questo ecumenico e accorato Rafael, e come mai dall’Europa ha scelto di vivere e creare nella lontana Australia?

Di lui certo si sa tutto. Passato da un’esperienza ballettistica apprezzata a Londra, presso la Rambert Dance Company(1992-2004), che gli consentì di interpretare le coreografie di artisti famosi non solo nel Regno Unito dove si era trasferito – come Merce Cunningham, Christopher Bruce, Jiří Kylián, Twyla Tharp, Mats Ek, Sue Davies, Ohad Naharin, Karole Armitage, e tra gli altri Antony Tudor –, il nostro Rafael giunse nel 2006 alla creazione della sua Bonachela Dance Company. Con quella formazione, composta di sei danzatori, si affacciò solo un anno dopo a Milano Oltre, facendoci scoprire virtù e ingenuità di una nuova english vague di artisti londinesi però immigrati come lui e l’israeliano Hofesh Shechter, il catalano Bonachela dimostrò nella vetrina milanese di saper attutire l’hispanidad col rigore di tradizioni moderniste, come quella appresa al Rambert Ballet.

In Irony of Fate, Amy Hollingsworth, la sua musa di allora – in Australia ne ha molte di più – estendeva braccia e gambe al massimo in un assolo adatto a quelle ballerine complete, dai muscoli allungati e nervosi, teoricamente in grado di danzare tutto. Le sue linee spezzate e il cambré della schiena apparivano anche in E2 7SD, lavoro di coppia su musica di Oswaldo Macia, che sembrava partire dalla Contact Improvisation ma per estensioni continue degli arti e piegamenti rubati alla ginnastica, gli stessi di Set Bounderies (I confini dell’ambiente). Qui i danzatori in mutande e canottiera bianca si muovevano sotto un filmato con soldati cinesi che facevano da guardia a strutture militari non meglio identificate; c’era anche un parlato sulle costrizioni del fondamentalismo islamico.
Sotto i rigidi corpi del video, i danzatori si esibivano in libere catene a due, a tre, ma sempre ben suddivisi da coni di luce come quelli utilizzati da Russell Maliphant, altro campione (canadese) dell’english vague al pari del giovane Bonacheladi allora.

Una coppia in nero – poltrona e lampada da ambiente domestico – disegnava un rapporto a tratti idillico o catastrofico, ma sempre sull’onda del disincanto ironico poggiante su di una canzone del corazón e su Astor Piazzolla. L’intrepida Amy Hollingsworth, ancora una volta vip, sconfiggeva il suo partner nell’illusione della vita amorosa a due, e nella vincente concretezza della danza.

Le cose cambiarono quando Rafael cominciò a essere chiamato, con l’incarico di coreografo in diverse compagnie del mondo, sino a che nel 2008 non capitò a Sydney e dopo sei mesi – amore a prima vista – gli fu chiesto di diventare il direttore artistico della Compagnia. Abituato a spostamenti anche repentini e a cogliere al balzo le migliori occasioni per far crescere la sua carriera, Bonachela accettò di buon grado l’invito e da allora si proiettò completamente nella coreografia senza più personali retaggi da interprete.

Del resto, nel guidare il suo nuovo gruppo, composto di una ventina di ballerini, sentì subito la necessità di darsi un progetto e una dimensione esplorativa. Dal 2008 all’anno di nascita di Impermanence, creò una e più spesso due coreografie l’anno, avvalendosi di collaboratori sempre più numerosi: musicisti, artisti visivi, architetti, letterati e tornò a certi concetti dirimenti di Merce Cunningham che da coreografo avvamparono nella sua mente. Ad esempio che la danza contemporanea non è esplicativa di alcun che di didascalico, e che spetta al pubblico entrare in sintonia con ciò che vede empaticamente, con il suo cuore vibrante e pulsante e non certo con la mera ragione.

Per completare le notizie concernenti la genesi del balletto, e la spiegazione del suo titolo in qualche modo “filosofico”, si può aggiungere che Impermanence si fece strada nella mente del direttore della Sidney Dance Company durante una visita parigina successiva al rogo dell’importante cattedrale di Notre Dame; Rafael non era solo, ma in compagnia di Bryce Dessner che sarebbe diventato il compositore del balletto; parlarono molto della fragilità nel mondo, di ciò che si suppone possa essere eterno (o quasi) come un monumento e della contrapposizione tra bellezza e devastazione.

Quando Impermanence vide la luce, portava ancora le stigmate del lockdown: una sorta di rabbiosa necessità di uscire allo scoperto, farsi guardare, brillare alla luce del sole dopo tanta ombra, e reimmergersi nel flusso della vita. Ecco allora, l’infilata di veloci e potenti assolo, duetti, quartetti e quintetti: un atletismo però minato da momenti quasi destabilizzati da una voluta insicurezza e qua e là, da un’atmosfera di solitudine.

I ballerini si muovono anche ondeggiando, si “rispondono” a vicenda e in un crescente flusso e riflusso oceanico di connessione e distanziamento. Andrebbe ricordata la posizione delle sale prove della compagnia di Sidney, così a ridosso dell’oceano, per non parlare del loro principale palcoscenico nella Sydney Opera House, famosa nel mondo per la sua architettura ispirata alle conchiglie ma anche alla storia marittima della città e limitrofa al suo porto.

In Italia conosciamo poco questo gruppo forte e coeso – certo, inaugurò il Festival TorinoDanza nel 2023 – e anche da quella conferma dell’alta qualità tecnica ed espressiva dei suoi ballerini e della sensibilità del loro coreografo nella costruzione di spazi e rapporti tra corpi in movimento, si potrebbe desumere che Impermanence appartenga ai più collaudati classici nel repertorio ballettistico di Sidney. Tuttavia il balletto dell’impermanenza e della “nostra fragilità” – chiamiamolo così – ha qualcosa in più.

Nell'angolo più lontano del Teatro Romano di Spoleto ci sarà un quartetto di quattro archi (il Quatuor Zaïde String Quartet); sembrerà di essere sulla strada di una grande città, con i musicisti che aggiungono qualcosa di vivo e concreto alla musica stessa: un meraviglioso allineamento di arti e archi. In 65 minuti la musica di Dressner si discosta dall’ultima collaborazione con Bonachela (2015) per il balletto Frame of Mind.

Fondatore di The National, una rock band americana, nonché vincitore di un Grammy Award per il suo ampio lavoro – dalla colonna sonora di The Revenant, un film con Leonardo Di Caprio, all’orchestrazione degli ultimi album di Paul Simon e Bon IverDressner ha scritto una partitura risoluta ed energica che richiede grande disinvoltura da parte del Quartetto d’archi dal vivo. A tratti, deve essere un punto focale avvincente, senza mai che si distolga completamente lo sguardo dai movimenti dei tredici ballerini.

Sulla scena c’è una qualità ipnotica sia nelle dinamiche ripetute, sia nei tenui toni terrosi dei costumi senza genere preciso di Aleisa Jelbart. Inoltre la natura viscerale della partitura e l'energia cruda e incrollabile della coreografia di Bonachelasono tenute in equilibrio da luci (di Damien Cooper) in penombra, ombre e silhouette sapienti, tonalità vibranti di blu e viola freddi che cedono il passo all’arancione e a un rosso sfumato, richiamando l'idea del fuoco.

Infine, il movimento finale di Impermanence è eseguito su uno sfondo indaco punteggiato di riflessi dorati e scintillanti. Sembra quasi di passeggiare tra stelle cadenti. Il brano Another World del compositore, cantante e artista visivo Anohni è emozionante e melanconico. La musica pretende dagli interpreti un graduale rallentamento; essi intrecciano i loro corpi l'uno nell’altro o sopra l’altro, alludendo al tenero legame con esseri umani e cose cui teniamo di più nei momenti di maggiore vulnerabilità.

Torniamo così a Joan-Carles Mèlich, e al suo saggio Essere fragili. Riflessioni sulla vulnerabilità. Mèlich prova a rispondere a un quesito: come possiamo farci carico della nostra fragilità? La risposta è identica a quella di Rafael Bonachela e sta nel contatto – ossia nella “carezza” – tra corpi diversi; riconoscendosi vulnerabili insieme sapranno darsi conforto gli uni con gli altri, fronteggiando paura e sofferenza grazie alla condivisione.
Arte, etica, socialità.

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Date & Biglietti

Biglietti: da 45€ a 55€
INFO BIGLIETTERIA
Sat
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Teatro Romano
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Biografie

Rafael Bonachela

Coreografo, direttore artistico e curatore il cui talento ha saputo coniugare magistralmente l’arte alta e la cultura popolare, attraversa con versatilità diversi linguaggi artistici: dalla danza contemporanea alle installazioni d’arte, dai concerti pop ai musical, fino al cinema, alla pubblicità e alla moda. Nato nel 1972 a La Garriga, nei pressi di Barcellona, Bonachela ha iniziato la sua formazione nella danza per poi trasferirsi a Londra, dove ha danzato con la leggendaria Rambert Dance Company dal 1992 al 2004. Nel 2008 ha debuttato con la sua prima produzione, 360°, per la Sydney Dance Company. Meno di sei mesi dopo, la sua nomina a Direttore artistico della compagnia ha fatto notizia a livello internazionale, segnando l’inizio di una nuova era per la danza contemporanea australiana. Sotto la sua guida, la Sydney Dance Company è diventata un laboratorio creativo d’eccellenza, in cui il repertorio si arricchisce di opere commissionate a coreografi australiani e internazionali – tra cui la danese Marina Mascarell – accanto alle sue creazioni, acclamate dalla critica. Nel 2022, Cartier ha annunciato Bonachela come nuovo Friend of the Maison, riconoscendone il talento straordinario e il costante impegno nel sostenere una nuova generazione di artisti emergenti. La sua estetica, fondata su carattere, virtuosismo e la capacità di trovare bellezza ovunque, rispecchia i valori che la Maison celebra da sempre. Nel corso della sua carriera, Bonachela ha collaborato con artisti di fama internazionale in molteplici discipline: compositori come Ezio Bosso, Nic Wales, Tarik O’Regan, Matthew Herbert, Marius de Vries e Benjamine Wallfisch; musicisti del calibro di Sarah Blasco, Katie Noonan, Kylie Minogue e Tina Turner; orchestre come l’Australian Chamber Orchestra, la London Sinfonietta e la Sydney Symphony; artisti visivi tra cui Angela de la Cruz, Jennifer Allora & Guillermo Calzadilla e Lenka Clayton; scenografi del calibro di Alan Macdonald, Ralph Myers, Tony Assness e David Fleisher; stilisti come Toni Maticevski e Dion Lee; cineasti quali Daniel Askill, Tim Richardson, Dimitri Basil, Dawn Shadforth, Johan Renck e Clemens Habicht; poeti come Sam Webster e fotografi tra cui Pedro Greig, Jez Smith e Hugh Stewart. Il linguaggio coreografico di Bonachela è potente, essenziale e tagliente. La sua ricerca si concentra sull’esplorazione del movimento puro, dando vita a una danza incandescente, in cui energia e forza muscolare si fondono con un’intensa sensibilità emotiva.

Bryce Dessner

Fra le voci più originali e versatili della musica contemporanea e compositore pluripremiato, ha vinto diversi Grammy Awards sia per la sua produzione nella musica classica che con la band The National, di cui è chitarrista, arrangiatore e co-autore principale. Il suo talento lo ha reso una figura imprescindibile nel panorama musicale internazionale, con commissioni dalle più prestigiose orchestre del mondo, dall’Orchestre de Paris alla Los Angeles Philharmonic. Parallelamente, è un compositore di riferimento nel cinema, firmando colonne sonore per film di grande impatto, tra cui Sing Sing con Colman Domingo e We Live in Time di John Crowley con Andrew Garfield. Il suo lavoro per il cinema include anche le acclamate musiche di The Revenant di Alejandro González Iñárritu, in collaborazione con il leggendario Ryuichi Sakamoto, e la colonna sonora di The Two Popes di Fernando Meirelles per Netflix. Nella stagione 2024/25, Dessner è Artist in Residence alla National Concert Hall di Dublino e all’Ars Music Festival del BOZAR di Bruxelles. In passato, ha ricoperto ruoli di rilievo come Creative Chair della Tonhalle di Zurigo, Collaborative Partner della San Francisco Symphony e Artist-in-Residence al Southbank Centre di Londra e alla Frankfurt Radio Symphony Orchestra. Le sue composizioni sono eseguite da alcune delle più importanti orchestre internazionali, tra cui la Los Angeles Philharmonic, l’Orchestre Philharmonique de Radio France, il Deutsches Symphonie-Orchester Berlin, la Münchner Philharmoniker, la NDR Elbphilharmonie Orchester, la Gothenburg Symphony Orchestra, la Houston Symphony, l’Orchestre National de Lyon, la Norwegian Chamber Orchestra e la Philharmonie Zuidnederland. Tra le sue opere recenti più significative spiccano il Concerto per pianoforte, eseguito in prima assoluta da Alice Sara Ott con la Tonhalle-Orchester Zürich nel gennaio 2024 e ora in tournée internazionale; il Concerto per due pianoforti, scritto per Katia & Marielle Labèque e la London Philharmonic Orchestra; e il Concerto per violino, affidato al virtuoso Pekka Kuusisto. Altri lavori di rilievo includono il Concerto per trombone per Jörgen van Rijen, commissionato dalla Dallas Symphony e dall’Orchestre National d’Île de France; Voy a Dormir, per la mezzosoprano Kelley O’Connor e l’Orchestra of Saint Luke’s con la Los Angeles Chamber Orchestra; lo Skrik Trio, composto per Steve Reich e la Carnegie Hall; il balletto No Tomorrow, creato con Ragnar Kjartansson; Wires, per l’Ensemble Intercontemporain; The Forest, un’opera per ensemble di violoncelli con Gautier Capuçon e la Fondation Louis Vuitton; e Triptych (Eyes for One on Another), un progetto teatrale ispirato alle fotografie di Robert Mapplethorpe e presentato in anteprima dalla Los Angeles Philharmonic. Nel 2020, ha composto la musica per la sfilata di Louis Vuitton al Louvre di Parigi, coinvolgendo un’intera orchestra e un coro di duecento elementi, in un evento iconico della Paris Fashion Week. Nell’agosto 2024, Dessner ha pubblicato Solos (Sony Classical), un album che raccoglie sue composizioni per strumenti solisti, interpretate da alcuni dei più grandi musicisti del mondo, tra cui Katia Labèque, Anastasia Kobekina, Pekka Kuusisto, Nadia Sirota, Colin Currie e Lavinia Meijer. Tra le sue registrazioni si annoverano anche El Chan e St. Carolyn by the Sea (entrambi per Deutsche Grammophon); Aheym, commissionato dal Kronos Quartet; Tenebre, un album per orchestra d’archi inciso dall’Ensemble Resonanz e vincitore dell’Opus Klassik Award 2019 e del Diapason d’Or; When We Are Inhuman, realizzato con Bonnie ‘Prince’ Billy e l’Eighth Blackbird (2019); e Impermanence (2021), registrato con l’Australian String Quartet e vincitore del Libera Award. Oltre a essere un compositore e musicista di spicco, Dessner è anche un curatore di prestigio, spesso invitato a programmare festival e residenze in alcuni dei più importanti centri culturali del mondo, tra cui il Barbican di Londra, la Philharmonie de Paris e la Elbphilharmonie di Amburgo. Ha co-fondato e cura i festival MusicNOW a Cincinnati, HAVEN a Copenaghen, Sounds from a Safe Harbour e PEOPLE. Bryce Dessner vive in Francia. Le sue opere sono pubblicate da Chester Music, parte del Wise Music Group.

Quatuor Zaïde

Fondato nel 2009, il Quatuor Zaïde si è affermato sulla scena internazionale come una delle rare formazioni interamente al femminile, conquistando un posto di rilievo nel panorama della musica da camera. Tra il 2010 e il 2012, ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti in concorsi internazionali di grande rilievo, tra cui quelli di Bordeaux, Vienna e Pechino, affermandosi come un ensemble imprescindibile nel mondo della musica classica. Oggi è unanimemente apprezzato per l’eccellenza artistica e la continua ricerca sonora, che ne fanno un punto di riferimento per l’esplorazione del repertorio quartettistico. Da oltre quindici anni, il Quatuor Zaïde si esibisce nelle sale da concerto più prestigiose del mondo, collaborando con artisti del calibro di Martha Argerich, Nelson Goerner, Xavier Phillips, Michel Portal e Lise de la Salle. Il suo repertorio si distingue per l’alto livello di complessità, elemento che lo ha spinto a fondare, nel 2021, l’International String Quartet Academy (ISQA): un’accademia internazionale e intergenerazionale dove i quartetti d’archi possono confrontarsi e ricevere un supporto tecnico, musicale, fisiologico e psicologico in un approccio olistico. Qui, maestri affermati e giovani talenti si incontrano per studiare, suonare insieme e perfezionarsi in un clima di scambio e reciproco rispetto. Il Quatuor Zaïde ha un legame speciale con l’etichetta NoMadMusic e la sua direttrice artistica Hannelore Guittet, che lo accompagna sin dal primo progetto discografico. Insieme, hanno realizzato sette album che testimoniano il loro percorso musicale e la loro inesauribile curiosità artistica. Il repertorio del quartetto abbraccia epoche e stili diversi, spaziando dai grandi classici alle opere contemporanee di Iannis Xenakis, Jonathan Harvey, Wolfgang Rihm e Sofia Gubaidulina. Nel corso degli anni, ha stretto profondi legami artistici con compositori come Bryce Dessner, Suzanne Giraud, Francesca Verunelli e Cécile Buchet, commissionando loro nuove creazioni. Inoltre, ha intrapreso collaborazioni con figure di spicco del jazz, tra cui Michel Portal, Marion Rampal, Sylvain Rifflet e Yaron Herman, e ha unito il proprio talento alla Sydney Dance Company nello spettacolo Impermanence, sulle musiche di Bryce Dessner. Radicato nella grande tradizione quartettistica, il Quatuor Zaïde propone interpretazioni innovative e coinvolgenti, frutto di una costante sperimentazione nel suo “laboratorio immaginario”, dove il suono si intreccia con il corpo, il rischio artistico e l’interazione con il pubblico. Il Quatuor Zaïde è artista associato della Fondazione Singer-Polignac e gode del sostegno della Città di Digione, della DRAC Bourgogne Franche-Comté e di Indosuez Wealth Management.

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