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Gustav Mahler

Il canto della terra

versione Schönberg & Riehn

Biglietti: da 15€ a 30€
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Musica

Il canto della terra

Sinossi

«Ma tu, uomo, quanto tempo vivi?»: è la terra intera a interrogarci nell’ultimo grandioso ciclo di Lieder di Gustav Mahler. Scritto a partire da un’antologia di autori cinesi vissuti tra il XII e il IXX secolo (parafrasata in tedesco da Hans Bethge), “Il canto della terra” per tenore, contralto e orchestra è una riflessione sulla finitezza della vita umana e sull’immensità della natura e sulla rinascita. Nel 1920 Schoenberg intraprese una trascrizione per piccola orchestra. Ma non riuscì a portarla a termine e solo nel 1983 il musicologo Rainer Riehn ha ripreso il lavoro lasciato da Schoenberg e ne ha realizzato una versione finita. Nelle sapienti mani dei musicisti della BFO il risultato è straordinario e fa risaltare l'estrema densità della partitura in una dimensione intima e personale.

Crediti

Programma

mezzosoprano Olivia Vermeulen

tenore Toby Spence

Musicisti della Budapest Festival Orchestra

direttore Giuseppe Mentuccia

Primo violino Gábor Sipos

Secondo violino Pál Jász

Viola Barna Juhász

Violoncello Rita Sovány

Doppio basso Attila Martos

Flauto Gabriella Pivon

Oboe Márta Berger

Clarinetto Ákos Ács

Fagotto Dániel Tallián

Corno Zoltán Szőke

Percussioni László Herboly, István Kurcsák

Armonium, celesta László Adrián Nagy

Pianoforte Emese Mali

Gustav Mahler

Das Lied von der Erde

Il canto della terra

Versione per ensemble da camera di Arnold Schönberg e di Rainer Riehn

1. Das Trinklied vom Jammer der Erde

(Il brindisi del dolore della terra)

Allegro pesante (Ganze Takte, nicht schnell)

2. Der Einsame im Herbst (Il solitario nell’autunno)

Etwas schleichend. Ermüdet

3. Von der Jugend (Della giovinezza)

Behaglich heiter

4. Von der Schönheit (Della bellezza)

Comodo dolcissimo

5. Der Trunkene im Frühling (L’ubriaco in primavera)

Allegro (Keck, aber nicht zu schnell)

6. Der Abschied (L’addio)

Schwer

produzione Spoleto Festival dei Due Mondi, Budapest Festival Orchestra

INFORMAZIONI
Si avvisa che le date e gli orari potranno subire variazioni.
Per aggiornamenti consultare il sito www.festivaldispoleto.com

Raramente la biografia di un autore offre un reale contributo alla comprensione della sua opera, ma nel caso di Das Lied von der Erde  (Il canto della terra) alcuni brevi ed essenziali cenni biografici possono essere un primo passo per accostarsi ad un capolavoro dell’epoca di passaggio tra Ottocento e Novecento, composto da un musicista che similmente ad altri artisti della sua generazione (mutatis mutandis potremmo paragonarlo a Marcel Proust, un po’ audacemente ma non senza qualche buon motivo) travasava nella sua opera non i fatti spiccioli della sua esistenza ma le sue esperienze esistenziali e la sua concezione della vita, della morte, del mondo. Gustav Mahler compose Das Lied von der Erde nel 1908 e la sua biografia ci dice che l’anno precedente erano avvenuti fatti che l’avevano profondamente e duramente colpito. Sua figlia Maria era morta a cinque anni d’età a causa della difterite. Era stato costretto a dimettersi da direttore dell’Opera di Vienna per i continui attacchi contro di lui da parte del borgomastro Karl Lueger e di una consistente parte della stampa, mossi da sentimenti antisemiti. Gli era stata diagnostica una disfunzione cardiaca allora incurabile e quindi sapeva che il suo cuore non avrebbe continuato a battere ancora a lungo.

A mitigare il trauma di questi eventi fu il contatto con la natura, che viene evocata spesso da Mahler nella sua musica, non come occasione di pagine pittoresche ma come immagine sonora di un mondo primigenio non contaminato dalle miserie della vita umana. Questa concezione della natura come rifugio dalle sofferenze della vita ha un preciso riscontro nelle circostanze della nascita di Das Lied von der Erde. Nell’estate del 1907, subito dopo la morte della figlia, Mahler cercò riparo in un eremo immerso nella natura e affittò una casa appartata in Val Pusteria, nei pressi di Dobbiaco. A una certa distanza da quella casa si fece costruire una casetta isolata di una sola stanza, in cui sistemò un pianoforte e una scrivania: lì nell’estate del 1908 compose Das Lied von der Erde, da lui definito “sinfonia per voce di contralto, di tenore e grande orchestra”. Ci si potrebbe stupire di questa definizione data a una successione di sei Lieder (letteralmente “canzoni”) mentre la sinfonia è il genere di musica strumentale per eccellenza e la sua forma classica, da Haydn, Mozart e Beethoven a Brahms e Bruckner, è in quattro movimenti. Ma già quattro delle otto precedenti sinfonie di Mahler prevedevano ampi interventi vocali e i loro movimenti variavano da due a sei. La sinfonia per Mahler non era una forma musicale ma una via per esprimere con la musica un intero mondo.

A ispirargli Das Lied von der Erde fu un libricino che aveva ricevuto in dono, Die chinesische Flöte (Il flauto cinese), una raccolta di poesie cinesi liberamente rielaborate da Hans Bethge, che non si basò sui testi originali (non conosceva il cinese) ma sulla traduzione francese. Mahler ne scelse sette (i Lieder sono sei ma l’ultimo è basato su due poesie) scritte da grandi poeti di quello che è considerato il periodo classico cinese, ovvero i secoli ottavo e nono dell’era moderna. Il vero argomento di questi canti della terra è la fragilità dell’uomo e la transitorietà del tutto, dunque vi aleggia l’idea della morte, sebbene la morte venga esplicitamente nominata solamente nel primo Lied. Più volte il pensiero della morte ritorna nelle sinfonie e nei Lieder di Mahler, senza mai assumere sembianze lugubri e terrifiche. Nella sua prima sinfonia una marcia funebre si fonde con la canzone infantile nota in Italia come “Fra’ Martino campanaro”. Nella seconda la Totenfeier (Cerimonia funebre) del movimento iniziale approda alla resurrezione nel movimento finale. Nella quarta sinfonia l’indicibile pena per la morte dei bambini si trasfigura nel Lied finale, Lavita celestiale, in cui i bambini morti descrivono l’aldilà come un paese di bengodi: «La nostra vita è una vita d’angeli / e siamo in tutto felici, / danziamo e saltiamo, / balziamo e cantiamo».

Anche in Das Lied von der Erde la morte – che in queste antiche poesie cinesi, ignare del cristianesimo, non è un atroce dilemma tra salvezza o dannazione eterne, ma è la fine dei travagli e delle peripezie della vita, il momento in cui l’individuo si annulla nel tutto – viene contemplata serenamente, senza drammi né timori e tremori ma al più con un sottile e penetrante rimpianto. Il vino stesso, evocato nel primo, terzo, quinto e sesto Lied, diventa metafora della morte in quanto mezzo, seppur temporaneo e imperfetto, per dimenticare e superare il male di vivere. Similmente il passare delle stagioni dell’anno è metafora del trascorrere delle età dell’uomo, dalla giovinezza alla vecchiaia e alla morte. E le stagioni rientrano in un altro tema ricorrente in questi Lieder, la natura, che è anch’essa conforto ai dolori della vita ed era stata già evocata più volte nelle sinfonie di Mahler, a cominciare dalla prima, che si apre con un misterioso, profondo e avvolgente Naturlaut (suono della natura) su cui poi si innesta il canto degli uccelli. L’unico vero antidoto contro la morte è la bellezza sublime della natura, della poesia, della musica.

Das Lied von der Erde è il percorso della vita verso la morte, illuminato dalla bellezza. Nel primo Lied la visione della giovinezza e della natura rende però più dura e intollerabile l’idea della morte. Nel secondo Lied la natura apporta un senso di tristezza – è la natura languente dell’autunno – ma anche di accettazione della morte: «Vengo da te, mio rifugio sicuro». Il terzo rappresenta la bellezza – la bellezza della natura e la bellezza dell’arte – che incornicia la giovinezza, stagione primaverile della vita. Alla bellezza è dedicato, già dal titolo, anche il quarto Lied, in cui la giovinezza e la natura primaverile si alleano per tenere lontana l’idea della morte, che viene sottaciuta ma comunque incombe su quella felicità transeunte, come evidenzia il quinto Lied: «la vita è soltanto un sogno» ma non è esente da «fatica e tormento» e il vino è l’unico conforto. Un uccello canta, la natura ride, ma «che me ne faccio della primavera? Lasciatemi ubriacare». L’ultimo Lied, che da solo dura quanto i cinque che l’hanno preceduto, è un addio. Il sole tramonta, «gli uomini, stanchi, camminano verso casa», mentre il poeta resta fermo, aspettando l’amico, con cui poi beve il bicchiere dell’addio: «Cerco pace al mio cuore solitario. Vado via, torno in patria, il mio sito».

Nonostante la durata complessiva di circa un’ora – un Lied “classico” di Schubert o di Schumann o di Brahms dura circa tre minuti – questi sei Lieder sono tutt’altro che prolissi. Senza la minima sbavatura la musica di Mahler si stende su un argomento concreto e allo stesso tempo immateriale, quotidiano e metafisico, semplice e sublime: l’esistenza. Passando per la gioia della giovinezza – rappresentata dalle fanciulle che colgono fiori e dai giovani che cavalcano fieri cavalli – si giunge alla partenza per un lungo viaggio, chiara metafora della morte. La poesia di questo addio al mondo, sereno e tragico allo stesso tempo, penetra nel profondo dell’anima e non può essere descritta.

Mahler impiegò in Das Lied von der Erde un’orchestra molto ampia, come nelle sue sinfonie, ma con raffinatissima arte la rese trasparente, capace di dettagli minimi e preziosi. Nel 1920 Arnold Schönberg ne iniziò una versione per piccola orchestra, adatta alle ridotte possibilità della “Società per esecuzioni musicali private” da lui fondata due anni prima, ma non la completò e solamente nel 1983 il musicologo Rainer Riehn portò a termine il suo lavoro. Questa trascrizione, condotta con amore pari alla competenza, riproduce tutti i colori originali dell’orchestra di Mahler e, riducendo lo spessore dell’orchestra, mette in ancor maggior evidenza la sua originalità e la sua genialità.  

Testo di Mauro Mariani

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Date & Biglietti

Biglietti: da 15€ a 30€
INFO BIGLIETTERIA
Fri
11
Jul
2025
ore
17:00
Teatro Caio Melisso Carla Fendi
Corso Mazzini 46
Sat
12
Jul
2025
ore
12:00
Teatro Caio Melisso Carla Fendi
Corso Mazzini 46
ore
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30 Giugno
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Biografie

Olivia Vermeulen

Le sue performance operistiche e concertistiche in un’ampia gamma di repertori, dalla musica antica alle opere del XXI secolo, hanno conquistato il pubblico di tutto il mondo. Dopo aver debuttato all’Opéra National de Paris nel 2019 in una produzione storica di Romeo Castellucci de Il primo omicidio di Scarlatti diretta da René Jacobs, Vermeulen si è unita all’Orchestra Barocca di Freiburg, sempre sotto la direzione di René Jacobs, per una tournée internazionale come Donna Elvira nel Don Giovanni di Mozart. Nella stessa stagione è tornata alla Staatsoper Unter den Linden di Berlino, dove nel 2016 aveva debuttato nel ruolo principale di Turno nell’Amor Vien dal Destino di Steffani sotto la direzione di René Jacobs. Il 2018 ha visto il suo debutto con i Berliner Philharmoniker in un’esecuzione della Grande Messa in do minore di Mozart diretta da Daniel Harding. La sua interpretazione del ruolo di Cherubino ne Le Nozze di Figaro, eseguita in un tour mondiale del 2018 con l’Orchestra Barocca di Freiburg diretta da René Jacobs, ha ricevuto recensioni entusiastiche. Tra i momenti salienti dell’attuale stagione vi è il suo debutto con la NHK Symphony Orchestra, con l’esecuzione della Missa Solemnis di Beethoven sotto la direzione di Masaaki Suzuki a Tokyo. Tra le prossime apparizioni in programma c’è ruolo di Sesto in un concerto del Giulio Cesare di Handel diretto da Christopher Moulds a Mosca e una ripresa di Das Jagdgewehr di Thomas Larcher alla Nationale Opera Amsterdam. Il suo nuovo CD da solista con Jan Philip Schulze, Dirty Minds, sarà pubblicato da Challenge Records. Una produzione di Idamante (Idomeneo) diretta da Giovanni Antonini annuncia il suo debutto all’Opera di Zurigo. Ha lavorato con importanti direttori d’orchestra come René Jacobs, Philippe Herreweghe, Pablo Heras-Casado, Daniel Harding, Marek Janowski, Michael Schønwandt, Lothar Zagrosek, Andrea Marcon, Giovanni Antonini, Iván Fischer, Markus Stenz, Frans Brüggen, Reinhard Goebel, Alessandro de Marchi e Tomáš Netopil. Ha collaborato con molte delle più importanti orchestre del mondo, tra cui la Budapest Festival Orchestra, la London Symphony Orchestra, la Netherlands Radio Philharmonic Orchestra, l’Ensemble Modern e la Camerata Salzburg, ed è stata invitata a partecipare a importanti festival tra cui il Festival International d’Art Lyrique d’Aix-en-Provence, la Ruhrtriennale, il Festival International d’Opéra Baroque & Romantique de Beaune, il Munich Opera Festival, il Musikfest Berlin, la Kissinger Sommer, il Rheingau Music Festival, la Mozartwoche Salzburg e lo Schleswig- Holstein Musik Festival. Ha partecipato al Festival di Bregenz 2018 nella prima mondiale dell’opera Das Jagdgewehr di Thomas Larcher. Ha eseguito in anteprima brani di Wolfgang Rihm e ha debuttato al festival Ruhrtriennale nel 2017 con la prima mondiale di Kein Licht di Philippe Manoury. È apparsa di recente ne La Finta Giardiniera di Mozart, ha cantato il ruolo del titolo nel Teseo di Händel nella Tchaikovsky Hall di Mosca ed è apparsa come l’omonima regina nell’Arsilda di Vivaldi al Grand Theatre Luxembourg, all’Opéra de Lille e all’Opéra Royal Versailles. Inoltre, ha recentemente cantato Fëdor in Boris Godunov ad Amsterdam e Annio in La Clemenza di Tito di Mozart a Mosca, nonché Cherubino in una produzione del Festival di Aix-en-Provence de Le Nozze di Figaro all’Opéra de Dijon. Originaria dei Paesi Bassi, Vermeulen ha studiato a Detmold, in Germania, e a Berlino con Julie Kaufmann, e ha lavorato in masterclass con Dietrich Fischer-Dieskau, Andreas Scholl, Thomas Quasthoff e Irwin Gage. Tra i numerosi riconoscimenti e premi, nel 2008 ha vinto il Concorso Internazionale di Lied della Radio Bavarese “La Voce”. La sua recente registrazione della Grande Messa in do minore di Mozart ha ottenuto premi e apprezzamenti dalla critica internazionale (Masaaki Suzuki, Bach Collegium Japan, BIS Records 2016). Anche la sua ultima pubblicazione in CD della versione di G.F. Händel della Didone abbandonata (Deutsche Harmonia Mundi/SONY 2018) ha ricevuto importanti consensi dalla critica mondiale.

Toby Spence

Ha calcato i palcoscenici dei più prestigiosi teatri d’opera del mondo, tra cui il Royal Opera House, il Metropolitan Opera di New York, la Wiener Staatsoper, l’Opéra national de Paris, la Bayerische Staatsoper, l’English National Opera, il Teatro Real di Madrid, il Liceu di Barcellona, la San Francisco Opera, il Theater an der Wien e la Hamburgische Staatsoper.

Ha inoltre preso parte a rinomati festival internazionali quali quelli di Salisburgo, Aix-en-Provence ed Edimburgo.

Tra i suoi recenti impegni operistici si annoverano debutti acclamati dalla critica nei ruoli di Erik (Der Fliegende Holländer) al Teatro La Fenice, Alonso (The Tempest) al Teatro alla Scala e alla Wiener Staatsoper, il ruolo del titolo in Parsifal per Opera North, e Alwa in Lulu per La Monnaie.

Per la stagione 2024/25, è previsto il suo ritorno nel ruolo di Erik in Der Fliegende Holländer per la Irish National Opera, oltre a un’esecuzione di Die Jakobsleiter di Schönberg nel ruolo di Der Mönch con la NDR Elbphilharmonie Orchestra.

Sul versante concertistico, Toby Spence si esibirà nella Nona Sinfonia di Beethoven alla Royal Albert Hall, nel Serenade for Tenor, Horn and Strings di Britten insieme a Ben Goldscheider e alla Fantasia Orchestra, e nel Messiah di Händel con la Hallé Orchestra.

Budapest Festival Orchestra

Iván Fischer ha fondato la Budapest Festival Orchestra nel 1983 insieme a Zoltán Kocsis. Grazie al suo approccio innovativo alla musica e alla dedizione assoluta dei suoi musicisti, la BFO è diventata la più giovane orchestra sinfonica a entrare nella prestigiosa classifica delle dieci migliori al mondo. Oggi l’ensemble è protagonista sia nei più importanti teatri internazionali che sulle principali piattaforme di streaming. La BFO è stata insignita per tre volte di un riconoscimento dalla prestigiosa rivista britannica Gramophone: nel 1998 e nel 2007 per la migliore registrazione, mentre nel 2022 è stata nominata Orchestra dell’Anno. I più grandi successi della BFO sono legati a Mahler: la registrazione della Sinfonia n. 1 ha ricevuto una nomination ai Grammy Awards nel 2013. L’orchestra è rinomata anche per le sue iniziative concertistiche particolarmente innovative. Tra queste spiccano i Cocoa Concerts pensati per un pubblico con autismo, i Surprise Concerts, le esibizioni di Midnight Music, i concerti gratuiti all’aperto a Budapest e le Community Weeks, ognuna con una propria unicità. Un’altra particolarità della BFO è che i suoi musicisti si trasformano spesso in coro durante le esibizioni. Ogni anno, la BFO mette in scena una produzione operistica sotto la direzione musicale e scenica di Iván Fischer. Questi spettacoli sono stati ospitati da prestigiosi festival internazionali come il Mostly Mozart Festival, il Festival dei Due Mondi di Spoleto, l’Edinburgh International Festival e l’Elbphilharmonie di Amburgo. Nel 2013, Le nozze di Figaro è stato inserito dal New York Magazine al primo posto tra gli eventi di musica classica dell’anno. Nel 2018, Iván Fischer ha fondato il Vicenza Opera Festival, inaugurato con grande successo presso il Teatro Olimpico.

Iván Fischer

Iván Fischer is the founder and Music Director of the Budapest Festival Orchestra. He is an honorary conductor of Berlin’s Konzerthaus and Konzerthausorchester. In recent years he has also gained a reputation as a composer, he has directed a number of successful opera productions, and, in 2018, founded the Vicenza Opera Festival. The Berlin Philharmonic have played more than ten times under Fischer’s baton, and he also spends two weeks every year with Amsterdam’s Royal Concertgebouw Orchestra. He is a frequent guest of the leading symphony orchestras in the US as well. As Music Director, he has led the Kent Opera and the Opéra National de Lyon, and was Principal Conductor of the National Symphony Orchestra in Washington, D.C. Many of his recordings have been awarded prestigious international prizes. Fischer is a founder of the Hungarian Mahler Society and Patron of the British Kodály Academy, and is an honorary citizen of Budapest. Iván Fischer has received many prestigious Hungarian and international awards and prizes, just a few examples: the government of the French Republic made him Chevalier des Arts et des Lettres, proclaiming him a Knight of the Order of Art and Literature, in 2006, he was honoured with the Kossuth Prize, Hungary’s most prestigious arts award, in 2011, he received the Royal Philharmonic Society Music Award, Hungary’s Prima Primissima Prize and the Dutch Ovatie Prize. In 2013, he was granted Honorary Membership to the Royal Academy of Music in London.

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