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68

Raffaele Pe e La Lira di Orfeo

La lezione di musica

Biglietti: da 15€ a 30€
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Saturday
5
July
2025
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Durata 65 minuti
Musica

Raffaele Pe e La Lira di Orfeo

Sinossi

Controtenore conteso dai teatri d’opera di tutto il mondo, che l’anno scorso il pubblico del Festival ha potuto conoscere nei panni di Orfeo nell’opera diretta da Damiano Michieletto, Raffaele Pe ha fondato l’ensemble La Lira di Orfeo con l’intento di creare una vera e propria rivoluzione del mondo della musica barocca attraverso la sua riscoperta. Nel percorso d’ascolto non poteva mancare il padre della cantata da camera: «Scarlatti è un grande compositore di cui l’Italia dovrebbe ricordarsi più spesso», dice Pe, che gli rende omaggio con questo concerto nel trecentesimo anniversario della morte.

Crediti

Programma

Raffaele Pe, controtenore
Elisa Citterio
, primo violino
Maria Grokhotova
, secondo violino
Marcello Scandelli
, violoncello
Nicolò Pellizzari
, cembalo e organo
Elisa La Marca
, tiorba

Alessandro Scarlatti
Cantata Pastorale

(Non so qual più m’ingombra H 476)

Sonata n. 1 per violoncello in re minore

Largo

Allegro

Largo

A tempo giusto

La lezione di musica

(Per un vago desire H 547)

Sonata n. 2 per violoncello in do minore

Largo

Allegro

Piano

Presto

Perché tacete, regolati concenti? H 551

Dormi o fulmine di guerra da La Giuditta H 500

INFORMAZIONI
Si avvisa che le date e gli orari potranno subire variazioni.
Per aggiornamenti consultare il sito www.festivaldispoleto.com

A trecento anni dalla scomparsa di Alessandro Scarlatti, avvenuta a Napoli il 24 ottobre del 1725, questo programma vuole celebrarne la memoria rivolgendo l’attenzione al genere della cantata, certamente tra i più cari per il maestro siciliano, data la vastità di repertorio e la straordinaria varietà di invenzione, ma anche la forma di intrattenimento tra i più apprezzati in Italia, dalla sua nascita nelle corti italiane del Rinascimento, fino ai suoi inaspettati esiti nella cultura popolare di oggi.

In origine, si trattava chiaramente di un rimando alla tradizione greca del canto epico di corte, che vedeva in Omero il suo capostipite. Ma già dai primi esperimenti fiorentini sul Recitar Cantando, a cura della Camerata del Conte Bardi, con compositori visionari come Giulio Caccini, Jacopo Peri tra gli altri, e col diffondersi del successo di esperimenti pastorali come l’Arcadia di Sannazaro (1504), l’Aminta del Tasso (1580) e il Pastor Fido di Guarini (1590), il genere iniziò ad accogliere narrative nuove, non solo rivolte al mondo storico e mitologico, ma capaci di raccontare anche vicende verosimili, drammatiche, talvolta comiche, sopra i più svariati temi, la Lettera Amorosa in stile rappresentativo di Claudio Monteverdi ne è un esempio bellissimo.

Ebbene sì, ogni volta che invitiamo un cantante a “farci una cantata”, è proprio a questo tipo di performance che facciamo inconsapevolmente riferimento, un’attitudine all’ascolto tutta italiana, da cui scaturì poi anche tutta la tradizione liederistica d’oltralpe – sebbene fondata su sentimenti talvolta differenti, profondamente votata alla comprensione di un testo poetico che permettesse all’animo di riflettere o svagarsi, mosso dalla forza persuasiva del mélos.

Sulla scorta di questa convinzione Scarlatti dedicò ai suoi protettori e ai cantanti del suo tempo alcune delle sue pagine più belle, con lo scopo di divertire, ma anche sperimentare linguaggi e dar sfoggio della sua sublime arte.

La sua musica per la camera invita il pubblico di oggi a riscoprire l’abitudine della vita di corte dei primi anni del Settecento tutta giocata intorno alla “conversazione”, un momento di ascolto dedicato alla cantata di tema sacro o profano, che potesse offrire il “la” per la conversazione appunto in accademie e nobili consessi.

A Roma, a Palazzo Ruspoli (Palazzo Bonelli a piazza Santi Apostoli), dove sia Scarlatti che Händel erano attivi come musicisti insieme alla gran parte dei maggiori compositori del tempo, le “conversazioni” si ospitavano alla mezzanotte di ogni venerdì accompagnate da lauti rinfreschi. Il loro tema veniva accuratamente scelto dal principe in base agli ospiti, alle vicende di cronaca, alle festività e alle necessità politiche contingenti. Non è un caso – come ci ricorda Vladirmir Jankélévitch – che Platone, nella sua Repubblica, suggerì di vietare la musica nella città ideale per evitare che questa instillasse pensieri lascivi o sovversivi nei suoi abitanti.

La conversazione di questa sera propone tre cantate di diversa estrazione accompagnate da splendide sonate per violoncello. Vi propongo alcuni spunti per stuzzicare la vostra immaginazione, e perché no, anche le vostre discussioni.

La cantata Non so qual più m’ingombra H 476 fu composta per il Natale del 1716, un tema musicale fondamentale per la Roma della Controriforma e molto caro anche ai membri dell’Accademia di Arcadia, di cui Scarlatti faceva parte. Il Natale arcadico si celebrava in primavera, in aprile (come recita il testo poetico), e prevedeva che gli accademici, travestiti da pastori, si ritrovassero nei barchi delle proprie ville per andare alla ricerca del Verbo incarnato, proprio come era accaduto a Betlemme sotto la scia della stella cometa. Questo era un modo per confermare le origini cristiane di un movimento artistico che di fatto strizzava l’occhio all’antichità e alla mitologia pagana, ma che nasceva a Roma per arricchire l’educazione dei rampolli delle famiglie altolocate con contenuti alternativi all’arte della guerra e del cavalierato.

Anche il linguaggio musicale, nella penna di Scarlatti, aveva imparato a fondere racconto sacro e profano, rito e mitologia, in un’unica affascinante narrazione. Proprio nella cantata e nell’oratorio, la sua lingua incontra affetti ora alti e rigorosi, ora lievi e vernacolari, tra echi di riti, danze e ninna nanne.

Dall’accendersi di una sensazione improvvisa e indefinita tra gioia e stupore, l’ingenuo pastorello segue la stella nella notte tenebrosa, d’improvviso trasformatasi in una sublime e luminosa primavera. Il suo cuore gli dice il vero, è nato il Messia, se lo sentiva. Ora la pace e la gioia torneranno a regnare nel mondo intero.

Nella cantata Per un vago desire H 547, i pastori Clori e Tirsi inscenano una lezione di musica improvvisata. Anche qui la storia ha un’ispirazione bucolica e trae dal genere pastorale tanto caro agli arcadi la propria radice. La bellissima ed ingenua Clori si offre candidamente al gioco dell’amico Tirsi che la invita a imparare le note e a ben intonare il proprio canto. Se i pastori dell’Arcadia, come ricorda Sannazaro, erano dediti tutto il giorno al pascolo e al canto di inni gioiosi accompagnati da zampogne e sistri, ben comprendiamo la vaga ambizione di Clori di conoscere meglio la musica. E qui proprio la musica si fa metafora dei modi dell’amore di esprimersi, ora per consonanze ora per moti inversi, modulazioni e variazioni. Quando però Tirsi si accorge che il suo insegnamento non fa che acuire la sensualità dell’amata e il suo desiderio non corrisposto, si tace bruscamente, tra pause di crome e sospiri d’amore. Questo componimento pare un saggio, uno di quei brani d’occasione pensati per un uditorio colto e interessato agli arguti rimandi tra musica e poesia tipici della comunità arcade. Scarlatti ne doveva aver composti diversi nella sua carriera, da quando, grazie alla nomina di cavaliere, aveva potuto accedere alla ristretta cerchia degli accademici proprio con la presentazione di una cantata.

Ed è giusto con una cantata che Alessandro introdusse il figlio Domenico in veste di cantante al Gran Principe Ferdinando De’ Medici nel 1702, quando sembrava che Napoli non potesse offrire una grande carriera al talentuoso ragazzo. Se Domenico ci è oggi noto per l’imponente corpo di 555 sonate per tastiera, i suoi primi passi nel mondo della musica avvennero forse sopra le melodie di una cantata come questa e, perché no, accompagnandosi al cembalo lui stesso, per meglio stupire l’illustre mecenate. Ho sempre pensato che il curioso rapporto di soggezione che Tirsi, maestro di musica estemporaneo, manifesta nei confronti della bella, ma inesperta ninfa, ben rappresentasse la felice ma faticosa relazione tra ispirazione e linguaggio che caratterizza tutta la produzione musicale scarlattiana: meglio non costringere troppo una buona melodia entro i canoni difficili del contrappunto, tanto non saremo mai in grado di trattenerne la l’istintiva e dirompente forza espressiva.  

In Tacete, perché tacete H 551, la musica si fa rappresentazione di sé stessa: la sinfonia iniziale propone un vero e proprio concerto d’archi che si interrompe improvvisamente quando l’amante chiede agli esecutori di continuare a lusingare il suo cuore malato d’amore. L’esperta mano del musicista è simile al lavoro di Cupido che nello sfregare dolcemente le corde del nostro animo unisce gioia e dolore in un unico agrodolce sentimento.

Questa cantata a sfondo amoroso fu probabilmente concepita a Napoli come succulento accompagnamento di un incontro erotico tra cortigiani. Dico probabilmente perché la gran parte della musica di Alessandro Scarlatti non fu pubblicata dall’autore e non sempre riporta con esattezza date o ragioni della composizione, forse proprio per non legarla a specifiche situazioni e renderla un “classico”, oppure per garantirne l’unicità e l’esclusività vista la sua ampia fama di primo Orfeo d’Italia già mentre era in vita.

Se pensiamo che il primo impiego di Scarlatti alla Real Cappella di Napoli prevedeva che il musico attendesse a tutti i suoi doveri di maestro di cappella per le feste di precetto, oltre a comporre musica per il viceré e la sua camera privata si comprende bene come nella camera le storie d’amore o di letto fossero spesso il tema favorito di molte sue composizioni.

La scelta di alternare i brani vocali con le bellissime sonate per violoncello, anch’esse di provenienza napoletana, è dovuta a una prassi piuttosto diffusa all’epoca che invitava gli accompagnatori ad accordarsi con toccate o movimenti strumentali in apertura di ciascuna cantata come esercizio di riscaldamento e introduzione all’ascolto. In questo caso le sonate sono ben più articolate e virtuosistiche, e raccontano di una Napoli in cui lo strumento era ampiamente diffuso tra strumentisti e nobili amatori.

Testo di Raffaele Pe

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Date & Biglietti

Biglietti: da 15€ a 30€
INFO BIGLIETTERIA
Sat
05
Jul
2025
ore
17:00
Teatro Caio Melisso Carla Fendi
Corso Mazzini 46
ore
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Corso Mazzini 46
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Teatro Caio Melisso Carla Fendi
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Biografie

Raffaele Pe
Raffaele Pe © Nicola Allegri

Descritto dal «Times» come una "baroque star", artista di riferimento e infaticabile promotore della cultura barocca, il controtenore Raffaele Pe abbraccia un vasto repertorio musicale che va dal Recitar cantando fino all'opera contemporanea.

Nel 2019 è stato insignito del Premio Abbiati della Critica musicale italiana per il Miglior Disco con Giulio Cesare. A Baroque Hero. Il CD, che è stato eletto dal «Times» e da «Die Welt» uno dei migliori progetti discografici del 2018, propone arie dedicate a Giulio Cesare in prima esecuzione assoluta o in prima esecuzione in tempi moderni.

Raffaele Pe collabora con direttori e registi di primo piano come Jordi Savall, John Eliot Gardiner, William Christie, René Jacobs, Giovanni Antonini, Graham Vick, Claus Guth, Pierluigi Pizzi e Damiano Michieletto.

Nel 2015 ha fondato La Lira di Orfeo, un collettivo di musicisti, artisti e ricercatori con cui ha realizzato cinque incisioni discografiche e che spesso dirige.

Considerato oggi uno dei più raffinati interpreti di Händel, ha interpretato ruoli iconici dalla maggior parte delle sue opere come Giulio Cesare, Rinaldo, Orlando, Serse, Nerone, Arbace, Aci, Disinganno, ed è ospitato da importanti istituzioni come il Teatro alla Scala, il Teatro dell’Opera di Roma, la Staatsoper di Berlino, il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, il Teatro La Fenice di Venezia, il Theater an der Wien, il Teatro Real di Madrid, l’Opéra National du Rhin, il The Grange Festival e il Teatro Colón di Buenos Aires.

Si è dedicato inoltre alla musica di Monteverdi, Cavalli e di compositori meno noti della fine del Seicento, delle cui opere è stato protagonista spesso in prime esecuzioni in tempi moderni. Tra queste si ricordano Hipermestra di Cavalli al Glyndebourne Opera Festival, Empio Punito di Melani e Amore Malato di Marazzoli al Teatro Verdi di Pisa, nonché Veremonda di Cavalli allo Spoleto Festival US.  

Da sempre combina un'intensa attività teatrale con apparizioni concertistiche in alcune della più importanti sale e istituzioni sinfoniche internazionali come la Philharmonie di Berlino, il Musikverein di Vienna, la Philharmonie di Parigi, il Palau de la Musica di Barcellona, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma e la Wigmore Hall di Londra.

Il pianista, compositore e artista figurativo libanese Zad Moultaka ha composto l’opera Hémon appositamente per le sue caratteristiche vocali. La nuova creazione - tratta dall’Antigone di Sofocle - ha debuttato all’Opéra du Rhin di Strasburgo a marzo 2021 con Raffaele Pe impegnato prima nel registro baritonale e poi in quello sopranile.

La Lira di Orfeo

Definito dal Times “una star del barocco”, artista di riferimento e instancabile promotore della cultura barocca, il controtenore Raffaele Pe presenta un repertorio che spazia dal Recitar cantando a opere contemporanee scritte appositamente per la sua voce. All'intensa attività operistica affianca quella concertistica in alcune delle sale più prestigiose del mondo, tra cui l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma, la Berliner Philharmonie, il Vienna Musikverein, la Philharmonie de Paris, il Palau de la Musica de Barcelona, il Salzburg Festival e la Wigmore Hall di Londra. Raffaele canta regolarmente in teatri come il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro del Maggio di Firenze, il Teatro La Fenice di Venezia, il Theater an der Wien e la Berliner Komische Oper, dove collabora con direttori e registi teatrali come Jordi Savall, John Eliot Gardiner, William Christie, Giovanni Antonini, Claus Guth, Vincent Boussard, Pierluigi Pizzi e Damiano Michieletto. Nel 2015 ha creato La Lira di Orfeo, un collettivo di musicisti, artisti e ricercatori per esprimere il suo personale approccio a questo linguaggio, lavorando liberamente attraverso le arti e creando spettacoli che guardano al passato con una sensibilità moderna. Dopo i brillanti debutti alla Berliner Philharmonie, al Theater an der Wien, alla Wigmore Hall e all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, La Lira di Orfeo si sta affermando a livello internazionale come una giovane e autorevole voce italiana nell'interpretazione della musica vocale del XVII e XVIII secolo. Tra le ultime produzioni operistiche si segnalano Aci, Galatea e Polifemo di Handel, nella prima ricostruzione della versione scritta per Senesino (Glossa 2021), Griselda di Alessandro Scarlatti, in occasione del 300° anniversario della prima rappresentazione al Teatro delle Dame di Roma (Dynamic 2022), la serenata Angelica di Nicola Porpora, creata per il 47° Festival della Valle d'Itria di Martina Franca (Dynamic 2023), e l’acclamata prima in tempi moderni dell’Orfeo di Farinelli, scritto nel 1736 da Nicola Porpora durante i suoi giorni londinesi, e presentato per la prima volta in forma di concerto al Theater an der Wien. Le loro ultime registrazioni includono anche alcuni dei più apprezzati recital solistici di Raffaele come Virtuosissimo (Classic Voice 2022), Giulio Cesare. A Baroque Hero (Glossa 2020) premiato con il Premio Abbiati e inserito tra le migliori registrazioni dell'anno dal «The Times» e «Die Welt», Alessandro Scarlatti, Concerti Sacri (Amadeus 2019), e The Medici Castrato (Glossa 2018).

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