Tra le migliori voci in circolazione, Prix de la critic 2024, il mezzosoprano Lea Desandre con il liutista Thomas Dunford – Eric Clapton del liuto secondo BBC Magazine – ci racconta tre secoli di canzoni d'amore francesi, dalla corte di Luigi XIV alle Gymnopédie di Satie,: «languore, desiderio, fascino, felicità: le emozioni dell’amore hanno varie forme», spiegano. Il programma è ricchissimo: Offenbach e Debussy ma anche le due iconiche cantanti francesi Barbara e Françoise Hardy, oltre alle danze strumentali al liuto di Robert de Visée (musicista di corte sia di Luigi XIV che di Luigi XV).
Con il patrocinio dell'Ambasciata di Francia in Italia
Lea Desandre, mezzosoprano
Thomas Dunford, liuto
Honoré d’Ambruys
Le doux silence de nos bois
Reynaldo Hahn
Néère da Études latines
Françoise Hardy
Le temps de l’Amour
Erik Satie
Gnossienne n. 1
Marc-Antoine Charpentier
Celle qui fait tout mon tourment
Auprès du feu l’on fait l’amour
Tristes déserts, sombre retraite
André Messager
J’ai deux amants
Erik Satie
Gymnopedie n.1
Michel Lambert
Ma bergère est tendre et fidèle
Reynaldo Hahn
A Chloris
Marc-Antoine Charpentier
Sans frayeur dans ce bois
Robert De Visée
Sarabande
dalla Suite n. 7 in re minore
Françoise Hardy
Le premier bonheur du jour
Sébastien Le Camus
On n’entend rien dans ce bocage
Claude Debussy
Mes longs cheveux descendent
da Pelléas et Mélisande
Michel Lambert
Ombre de mon amant
Vos mépris chaque jour
Robert De Visée
Chaconne
dalla Suite n. 7 in re minore
Barbara
Dis, quand reviendras-tu ?
Sébastien Le Camus
Laissez durer la nuit
Jacques Offenbach
Amour divin
INFORMAZIONI
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La poesia dell’idillio tra grand siècle e anni Sessanta
Testo di Nicola Cattò
Si va dalla metà del Seicento delle pagine di Michel Lambert e Sébastien Le Camus agli anni ’60 (del Novecento) con Françoise Hardy e Barbara: fili conduttori una voce, un liuto – impegnato ovunque, anacronisticamente (?) anche nelle pagine pianistiche di Satie o negli accompagnamenti operistici di Debussy e Offenbach – e l’amore, cantato ora come struggimento adolescenziale, ora incastonato nell’idillio (questo il titolo dell’album registrato, con lo stesso programma, dai due artisti nel 2023 per Erato) dell’Arcadia, ora venato dei languori erotici (ed omoerotici) della Francia tra Otto e Novecento, con Reynaldo Hahn e André Messager e il mondo dello “Chat noir”, il mitico cabaret di Montmartre. Una voce, si diceva, ma talora due voci, poiché capiterà che Thomas Dunford non si limiterà a suonare il suo liuto ma accosterà il suo canto a quello di Lea Desandre: con la stessa libertà che ci porterà a vedere come una Sarabanda di Robert De Visée, celebre liutista e gambista della corte del Re Sole, non sia poi così diversa dai distillatissimi, esoterici pezzi per pianoforte (qui una Gnossienne e una Gymnopédie) di Erik Satie, amico fraterno di Debussy (da lui ribattezzato Dieu-bussy).
Ma cerchiamo di dare un certo ordine esaminando questo programma: si parte dall’idillio dell’Arcadia, uno spazio mitico dove nella pace della campagna i pastori e le pastorelle amoreggiano badando alle loro greggi, suonando il flauto (ricordate la prima Bucolica? “silvestrem tenui musam meditaris avena” …), in uno scenario eternato da pittori, poeti e, appunto musicisti, che esaltano il desiderio d’amore e la sofferenza per il sentimento deluso o non reciprocato. Siamo nella Francia del grand siècle, alla corte di Luigi XIV, che raduna a sé diversi artisti e musicisti, molti dei quali oggi poco noti, come quell’Honoré d'Ambruys il cui Le doux silence de nos bois apre il concerto.
Troviamo poi Michel Lambert, responsabile della musica da camera di corte, compositore fecondissimo e richiesto in tutti i salotti aristocratici del tempo, autore di oltre trecento Airs de cour la cui celebrità fu tale che conobbero l’onore della stampa, per essere diffuse al di là di un circolo ristretto. Ascoltando però Ma bergère est tendre et fidèle si nota però anche un’ironia amara, perché la pastorella cantata non è così fedele, preferendo ella il suo cane e il bastone del pastore più del suo spasimante: il tema della sofferenza amorosa, d’altronde, è topico in questi Airs, in cui il legame tra musica e parola (cui i francesi terranno in maniera spasmodica per molti secoli, ben più di noi italiani) sottolinea con precisione il mutare degli stati d’animo. Lo vediamo anche nella mini-trilogia di Chansons di Marc-Antoine Charpentier qui selezionate: in Celle qui fait tout mon tourment la voce inizialmente canta a cappella, a rappresentare perfettamente la solitudine dell’amante deluso, per poi raggiungere un climax di rabbia e dolore reso con l’affrettarsi del tempo e una concitazione quasi disordinata. E il contrasto con il pezzo successivo, Auprès du feu, l’on fait l’amour, con il suo andamento di danza, è efficacissimo: l’amore qui è compiuto fino alla sua estasi fisica. Fino a giungere alla conclusione della trilogia: prima la rabbia, poi la soddisfazione, infine la desolazione dell’amante deluso dalla “infidèle Sylvie” che si abbandona – come le donne relictae delle Eroidi di Ovidio, modello classico sullo sfondo – alla disperazione. E con le due Chansons di Lambert presentate più avanti (Ombre de mon amant e Vos mépris chaque jour) siamo oltre: al compianto funebre per un amore ormai morto.
Il culto della classicità, ma venato da una sensibilità più moderna, lo troviamo nella Parigi di fine Ottocento, dove il celebre “Chat noir”, il cabaret sulla collina di Montmartre, era luogo di incontro di bohémiens, artisti, artistoidi, scrittori e musicisti di ogni livello, tutti pronti a rompere le convenzioni (sociali e artistiche) eppure imbevuti di classicità: c’erano anche Debussy (che non disdegnava di suonarvi il pianoforte e accompagnare gli astanti) e l’amico Satie. Pochi anni dopo, nel salone di Madame Lemaire, sarà il giovanissimo Reynaldo Hahn, amante di Proust, a suonare e cantare le sue chansons (tenendo la sigaretta in bocca, che non doveva mai cadere!): sia Néère che À Chloris filtrano attraverso il mondo classico una sensualità sottopelle, morbida eppure palpitante, recuperando all’occorrenza dei topoi letterari diffusissimi, come quello della rosa (Je ne crois pas que les rois memes / Aient un bonheur pareil au mien). C’è, nella musica di Hahn – che era nato in Venezuela – una malinconia sommessa, un’intimità che ci porta direttamente al tema dell’idillio seicentesco: la dichiarazione d’amore rimane sospesa, l’indeterminatezza dei “ruoli” evidente. Ma il tema del travestimento, in senso parodistico, è al centro anche dell’opéra bouffe di Offenbach La belle Hélène (1864), grande satira dei costumi borghesi e della pruderie della corte (ancora una volta…) di Napoleone III: la breve aria della protagonista è ancora una volta un’esaltazione dell’amore, di Venere e Adone, del suo potere purificatore e insieme incendiario. Decisamente ironica è anche J’ai deux amants, tratta da L’amour masqué (1923) di André Messager, dove si sottolinea che gli uomini sono stupidi, e quindi è meglio avere – appunto – due amanti, badando però di far credere a ognuno che lui è “quello serio”! Ben diverso, quindi, dal clima riservato e misterioso del Pelléas debussiano (1902): la scena di Mélisande (Mes longs cheveux) parla del tema dell’attesa, in una sorta di miniatura medievizzante nella quale la donna attende il suo amato nella torre del castello, il tutto ovviamente inondato di quella simbologia di cui la pièce di Maeterlinck trabocca. Ma quell’inizio a cappella, quel clima “reservato” ci portano a stabilire un sorprendente legame tra la belle époque di Debussy e il grand siècle di Charpentier…
Ultimo capitolo: dalla Chanson agli Chansonniers, dal Re Sole alla Francia dei turbolenti anni Sessanta (anche se le tre canzoni oggi presentate, due di Françoise Hardy e una di Barbara, sono antecedenti al fatidico 1968). Ma i temi sono più o meo gli stessi, e sono universali: la solitudine, l’amore ricambiato o meno, l’aspirazione alla felicità, l’idillio. E simili sono anche le immagini utilizzate nei testi: la primavera, i fiori, i giardini, gli uccelli che cantano, i raggi del sole, le ferite dolorose. La scrittura musicale (pur qui “antichizzata” dal liuto) è certamente diversa, ma ancora una volta è la parola declamata ad essere in primo piano: d’altronde Barbara fu una delle prime donne a scrivere e comporre le proprie canzoni, pur affrontando come interprete anche quelle di veri miti come Edith Piaf e Jacques Brel.
Tre secoli di canzone francese, insomma, raccolte in brevi, folgoranti “cartoline sonore”: perché il linguaggio dell’idillio, evidentemente, non è mai veramente cambiato nei suoi valori fondanti.
Nominata “Voce femminile dell'anno” da Opus Klassik 2022 e vincitrice del Prix de la Critique 2024, il mezzosoprano franco-italiano Lea Desandre è uno dei talenti più interessanti della sua generazione. La sua abilità scenica e la sua musicalità l'hanno portata ad esibirsi in alcune delle sale più prestigiose del mondo, come l'Opéra National de Paris, il Festival di Salisburgo, il Festival d'Aix-en-Provence, la Carnegie Hall, la Sydney Opera House e la Walt Disney Concert Hall di Los Angeles. Ha cantato diretta da Gustavo Dudamel, Sir John Eliot Gardiner, William Christie, Myung-Whun Chung, Joana Mallwitz, Thomas Dunford, Adam Fischer, Raphaël Pichon, Carlo Rizzi, Cristian Macelaru, Manfred Honeck, Marc Minkowski, Jordi Savall e in produzioni con la regia di Sir David McVicar, Barrie Kosky, Robert Carsen, Christof Loy e Thomas Jolly. Tra gli appuntamenti del 2024/25: Les Nuits d'Eté di Berlioz con l'Orchestre Philharmonique de Radio France/Mikko Franck, un nuovo recital con Alexandre Kantorow e il programma Idylle con Thomas Dunford. Sarà inoltre in tournée con l'Ensemble Jupiter in Songs of Passion e con un programma di Vivaldi e inizierà una residenza alla Konzerthaus di Dortmund. Per quanto riguarda il repertorio operistico, la stagione sarà interamente dedicata a nuovi ruoli: Sapho/Iphise/Eglé in Les Fêtes d'Hébé di Rameau all'Opéra Comique, Poppea in Agrippina di Handel all'Opera di Zurigo e due produzioni sceniche al Festival di Salisburgo.
Nato a Parigi nel 1988, Thomas Dunford scopre il liuto all'età di nove anni grazie alla sua insegnante Claire Antonini. Tra il 2003 e il 2005 debutta nel ruolo del liutista in La Dodicesima Notte di Shakespeare sul palcoscenico della Comédie-Française. Da allora si è esibito in tutto il mondo: dalla Carnegie Hall e la Frick Collection di New York al Wigmore Hall di Londra, dal Kennedy Center di Washington alla Vancouver Recital Society, dal Palau de la Música di Barcellona alle Philharmonie di Parigi e Berlino, fino al TAP di Poitiers, WDR di Colonia e Bozar di Bruxelles. Nel 2018 fonda il suo ensemble, Jupiter, nato dall'incontro e dall'amicizia con brillanti giovani musicisti della sua generazione. Il loro primo album, dedicato a Vivaldi e acclamato dalla critica, è stato pubblicato nel 2019 dall'etichetta Alpha. La discografia prosegue con Amazone (2021), un recital franco-italiano con Lea Desandre, Handel - Eternal Heaven (2022) con i solisti Lea Desandre e Iestyn Davies, Idylle (2023) con la mezzosoprano Lea Desandre, e un nuovo album, Songs of Passion, dedicato al repertorio di John Dowland e Henry Purcell, la cui uscita è prevista per il 2025. Nella stagione 2024/2025, Thomas Dunford sarà in tournée internazionale con l’ensemble Jupiter, in duo con Lea Desandre, e porterà in scena il suo progetto The Other Side (dal Barocco ai Beatles). Tra marzo e aprile 2025, farà ritorno negli Stati Uniti e in Canada per una tournée solistica e per dirigere l’Arion Baroque Orchestra del Québec.
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
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Gustav Mahler